Ticino e Grigioni

Per una giustizia riparativa

Un percorso, illustrato oggi in un convegno all’USI, per costruire un ponte fra chi ha commesso reati e chi li ha subiti

  • 18 novembre 2023, 20:51
  • 18 novembre 2023, 20:51
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Il percorso della giustizia riparativa

Il Quotidiano 18.11.2023, 19:00

Di: Quotidiano 

Costruire un ponte fra chi commette un reato e chi lo subisce, portando benefici a entrambi. È l’obiettivo della cosiddetta giustizia riparativa. Si tratta di un percorso, parallelo a quello della giustizia penale, che implica disposizione e dialogo da parte degli autori dei reati e delle vittime.

Al tema l’Università della Svizzera italiana ha dedicato una giornata di riflessione. Adolfo Ceretti, criminologo e mediatore, spiega che la giustizia riparativa ha una declinazione orizzontale: non da un giudice ad un imputato, ma mediata fra autori e vittime. E riflettendo su coloro che devono rispondere di reati “non dobbiamo dimenticare che molte persone fanno molta fatica a capire che cosa hanno commesso. Una frase che io uso molte volte”, osserva l’esperto, “è ‘ma lei, cosa credeva di risolvere commettendo quello che ha fatto?’”

Questo cambio di paradigma si sta facendo strada e, in Svizzera, gruppi di ricerca stanno adoperandosi affinché si sviluppi. “Ci sono degli esempi di progetti pilota che sono stati portati avanti in Svizzera interna”, spiega Annamaria Astrologo, docente presso l’Istituto di diritto dell’USI, aggiungendo però che in Ticino la strada è un po’ più difficile dal momento che “ci mancano dei mediatori formati su questo tema”.

Servono quindi professionisti formati. E la formazione in materia è volta a mettere le parti nella condizione di potersi ascoltare dentro e vicendevolmente. A condizione, naturalmente, che la vittima possa dapprima affrontare la rabbia, la sete di vendetta, il rancore. Per molte persone infatti, precisa Ceretti, “può essere impossibile, difficile, anche controproducente quello che noi chiamiamo la seconda vittimizzazione”.

Ma come giustificare questo approccio, specialmente se l’autore è una persona socialmente pericolosa? In questi casi, evidentemente, “non è pensabile non avere un contenimento”, risponde Ceretti, aggiungendo però che “questo contenimento, di per sé, non è in grado molto spesso di restituire a chi ha commesso il male una responsabilizzazione in termini di comprensione di sé e del male inferto”. Comprendere invece la portata del male che è stato inferto, “attraverso l’incrocio di sguardi con le vittime”, rappresenta invece “un’esperienza completamente diversa. Mite ma rivoluzionaria”.

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