La Corte ha sentito il perito psichiatrico Carlo Calanchini, nel secondo pomeriggio del processo a Michele Egli, accusato dell'uccisione di Nadia Arcudi il 14 ottobre del 2016 a Stabio. Per l'esperto, quella sera l'imputato agì più per sconcerto che per rabbia, perché si trovò confrontato "al lato oscuro" della cognata, che lui aveva idealizzato al limite dell'idolatria, tanto da portarne 17 fotografie nel portafoglio (assieme a tre della moglie).
In quel periodo Egli era stressato per le controversie in famiglia e per il denaro che stava sottraendo alla SUPSI. Era in grado di capire quando faceva qualcosa di sbagliato, ma non di quantificarne la gravità. Nel momento dell'uccisione, per lo psichiatra, per un attimo la sua capacità di giudizio è venuta meno. Sapeva quello che stava facendo ma non aveva la pregnanza etica per fermarsi. Le conclusioni della perizia evidenziano un disturbo di personalità misto e una reazione acuta da stress. Sia un trattamento stazionario che ambulatoriale avrebbero le stesse limitate possibilità di successo.
Il giudice Amos Pagnamenta ha espresso critiche nei confronti del lavoro del perito e in particolare di quelli che gli sono parsi personali giudizi e sul modo di definire la vittima (da dolce cognata a drago). Calanchini avrebbe preso per oro colato quanto raccontatogli da Egli, secondo il presidente della Corte, che giovedì si riunirà in camera di consiglio per valutare se ritenere valida o meno la perizia. Nel secondo caso, potrebbe ordinarne un'altra con conseguente sospensione del procedimento.
CSI/pon