Si avvicina il processo per il titolare delle ditte di ponteggi di Camorino arrestato in febbraio (e tuttora in carcere) nell’ambito dell’inchiesta sui permessi falsi. Il 42enne kosovaro è stato infatti rinviato a giudizio. Alle Assise Criminali dovrà rispondere di vari reati, noti finora solo in parte.
Il lungo atto d’accusa parla di malversazioni per qualcosa come 15,6 milioni di franchi. Somma che l’impresario avrebbe sottratto, tra il 2011 e il 2017, alle sue società. Dalle casse della M+M Ponteggi, poi fallita, sarebbero usciti quasi 13 milioni. Di qui l’amministrazione infedele aggravata, a cui si affianca (più o meno per lo stesso importo) il riciclaggio di denaro. Senza dimenticare la falsità in documenti e le imputazioni di natura fallimentare.
Un altro filone riguarda il mancato pagamento di tasse e oneri sociali. La procura ipotizza una frode fiscale di oltre un milione di franchi, un’appropriazione indebita di imposte alla fonte di 96'000 e il mancato versamento di contributi AVS per circa 900'000.
Non solo: l’uomo è accusato pure di minaccia. Una minaccia con tanto di pistola. Nel 2016, a Spreitenbach, l’imprenditore avrebbe puntato l’arma alla tempia di una persona, obbligandola a entrare nel magazzino della ditta.
Il tutto in aggiunta al famoso capitolo dei permessi, che include la tratta di esseri umani, la falsità in certificati e l’incitazione all’entrata, alla partenza o al soggiorno illegali. Il “re dei ponteggi” avrebbe sfruttato tra i 10 e i 20 operai stranieri. Sapeva benissimo – sostengono gli inquirenti – che i loro passaporti erano fasulli. Eppure, in 19 occasioni lasciò che li utilizzassero per annunciarsi all’Ufficio della migrazione.
Contro il 42enne, che nega ogni addebito, il sostituto procuratore generale Antonio Perugini intende chiedere una pena superiore ai cinque anni. La parola passa ora alla Corte, che sarà presieduta dal giudice Amos Pagnamenta.
Francesco Lepori