La Corte dei reclami penali (Crp) ha accolto il ricorso di un ex insegnante del Luganese, secondo il quale la polizia l’avrebbe spinto a confessare fatti di natura sessuale in realtà mai avvenuti. L’uomo, difeso da Rossano Bervini, aveva impugnato i decreti d’abbandono emessi lo scorso anno dalla procura nei confronti di due agenti della RIP, la sezione specializzata nei reati contro la persona.
La vicenda risale al 2008, quando l’allora docente fu portato in via Bossi a seguito di una segnalazione. Gli inquirenti trovarono una raccolta di filmati, girati dall’uomo in spiagge e piscine, nei quali comparivano dei ragazzini. A un certo punto interruppero l’interrogatorio e lo misero in una cella. Poi lo lasciarono andare, non senza però che avesse dichiarato di avere compiuto degli atti sessuali mentre guardava le immagini in questione.
Nel 2014 l’autorità amministrativa confermò il suo licenziamento, e a quel punto l’ex-maestro rivelò che si trattava di affermazioni false, nate dalle pressioni esercitate su di lui. “Accettai di verbalizzarle – spiegò - perché altrimenti non sarei tornato a casa.”
Ora la Crp gli ha dato ragione, ordinando la riapertura dell’inchiesta. Allo stato attuale – recita la sentenza - le prove raccolte indicherebbero l’esistenza di un abuso di autorità. La Crp ha anche chiesto al procuratore generale John Noseda di esaminare l’ipotesi del sequestro di persona. Ci potrebbero insomma essere gli estremi per un decreto d’accusa o un rinvio a giudizio. La decisione spetterà comunque a Noseda, che si pronuncerà dopo aver completato le indagini.
Francesco Lepori
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