Inchieste

La trappola del click

Quando dietro alla pubblicità digitale si nascondono disinformazione, odio e persino truffe

  • 10 marzo, 16:54
computer - mouse - click - dati privati - pubblicità online
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Alzi la mano chi non accetta cookies o condizioni generali quando naviga su un sito, usa applicazioni e social media. Un semplice gesto effettuato senza riflettere che permette a una manciata di grandi aziende tecnologiche di usare i nostri dati personali per bombardarci di pubblicità su misura. Ma com’è possibile? A dettar legge sono potenti algoritmi che gestiscono migliaia e migliaia d’aste di dati personali. Una guerra senza esclusione di colpi fra ditte e marchi. Per accaparrarsi il consumatore più appetibile. Tutto è partito da google, il motore di ricerca che ha fatto esplodere la pubblicità digitale. Il sistema però è molto opaco e confuso, anche per chi lavora nel marketing. Gli inserzionisti che pagano gli spazi pubblicitari sanno dove finiscono i loro annunci? Chi incassa i soldi, tanti soldi, generati dalla pubblicità? A Patti chiari i segreti di siti, applicazioni e social che fanno di tutto per tenerci incollati allo schermo il più a lungo possibile. Si chiama economia dell’attenzione. Un nuovo terreno di conquista molto remunerativo dove s’insinuano però anche disinformazione, messaggi d’odio e violenza o truffe orchestrate per spillare soldi ai consumatori più deboli. Ma chi controlla? Il lato oscuro della pubblicità digitale, un business da 500 miliardi di dollari all’anno.

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