Quest'anno la Banca nazionale svizzera (BNS) non distribuirà denaro alla Confederazione e ai cantoni. Dopo una perdita di 140 miliardi di franchi nei primi nove mesi, gli sviluppi del quarto trimestre non lasciano presagire un'inversione di tendenza. Lo ha affermato il presidente della direzione della BNS Thomas Jordan durante la trasmissione Samstagsrundschau diffusa sabato dalla radio svizzero tedesca SRF. Nel 2021 la BNS, oltre ai dividendi, aveva versato complessivamente 6 miliardi: 2 alle casse federali, 4 a quelle cantonali. Quasi tutti i governi cantonali li avevano già messi a preventivo. Per il Ticino si tratta di una minore entrata di quasi 140 milioni di franchi. Per i Grigioni di oltre 60 milioni.
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Ci sarà certezza solo dopo la pubblicazione dei risultati annuali, "ma ci vorrebbe quasi un miracolo per ottenere un risultato positivo", ha dichiarato il dirigente. Jordan ha anche escluso la possibilità che la BNS distribuisca denaro nonostante le perdite, come ha fatto nel 2010. All'epoca, la perdita era stata una sorpresa e il denaro era stato distribuito, tra l'altro, perché Confederazione e cantoni avevano già messo a preventivo i soldi dell'istituto di emissione. Quest'anno invece è noto sin dalla primavera che non ci si poteva aspettare una distribuzione degli utili. Inoltre, nel frattempo sono state chiarite le regole per la distribuzione degli utili, ha proseguito Jordan. È aumentata anche la consapevolezza che esistono situazioni in cui la BNS non può distribuirli.
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Il direttore della istituto centrale elvetico ha spiegato che la ragione principale del risultato negativo della BNS è la vendita di valuta estera. Per rafforzare il franco nell'ottica di frenare l'inflazione, la BNS sta riducendo da mesi le proprie riserve valutarie. Jordan si è però detto cautamente ottimista sull'andamento dell'inflazione ma non ha potuto escludere ulteriori rialzi dei tassi di interesse dopo l'aumento annunciato qualche giorno fa.
Probabilmente non si centrerà l'obiettivo di un'inflazione compresa tra lo 0% e il 2% prima della fine del prossimo anno. Condizioni come quelle di alcuni Paesi dell'Unione europea, con un rincaro fino al 10%, per la Svizzera possono essere escluse. Il direttore dell'istituto di emissione ha ammesso che la BNS ha sottovalutato a lungo l'inflazione lo scorso anno. Ciò è dovuto principalmente alla guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina, che a gennaio "non era ancora prevedibile". Jordan ha però anche aggiunto che i modelli utilizzati non hanno previsto l'inflazione in modo "ottimale". "Ne deduciamo che, oltre alle previsioni dei modelli, è necessaria anche una valutazione fondata su un sano buon senso".
Secondo il presidente della direzione, la Svizzera si trova in una posizione migliore rispetto a molti altri Paesi. Per il 2023, la BNS prevede una crescita economica inferiore a quella di quest'anno, ma non una recessione, come invece stima ad esempio la Bundesbank per la Germania.