Quando è lontano, nell’inesplicabile vita esteriore, Recanati si piega a volte, per Giacomo, alla tenerezza dei ricordi. Ma, quando ci vive, Recanati gli sembra divorata dal «formidabile deserto» del mondo e sprofondata nella notte. Condannato per mancanza di mezzi a quell’«orribile e detestata dimora», egli non «vive che per patire». Vive «segregato dal commercio, non solo dei letterati, ma degli uomini» e quegli uomini e donne che ci sono gli «paiono piante e marmi per la noia che prova nell’usar con loro». La sua vita esteriore e interiore è tale che, «sognandola solamente, agghiaccerebbe gli uomini di paura». È abbandonato da tutti, «non conosciuto da nessuno, vissuto sempre in un luogo che senza il Dizionario non sapresti dove sia messo». Luogo di annientamento, luogo da nulla, Recanati alla fine è la misura di tutti i luoghi, il sintomo di ciò che non accade altrove, a Bologna, a Roma, a Milano, a Firenze, a Napoli e ovunque.
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