Nel XIII secolo, Aristotele, attraverso le traduzioni latine dall’arabo, ritorna in Europa occidentale, provocando una rivoluzione filosofica di amplissima portata. Già prima Anselmo d’Aosta (poi arcivescovo di Canterbury), Abelardo e Pietro Lombardo avevano segnato l’evoluzione del pensiero medievale. Abelardo soccombe agli attacchi della famiglia della sua allieva Eloisa e a quelli ideologici di Bernardo di Chiaravalle, ma Pietro Lombardo, che divenne vescovo di Parigi, compose i Quattro Libri delle Sentenze: come raccolta di tutte le autorità sulle questioni più importanti della dottrina cristiana – Dio, Creazione degli Angeli e dell’Uomo, Incarnazione e promessa della Grazia, Sacramenti – divennero il libro di testo usato in tutte le Scuole e commentato da tutti gli esponenti della Scolastica, come Tommaso d’Aquino e Bonaventura di Bagnoregio. La forma tipica dell’argomentare scolastico fu la «quaestio», nella quale una proposizione viene sostenuta dalle autorità a favore («ad primum, ad secundum, praeterea») e spesso divisa in alternative («utrum…an», «se così, o se così»), poi smontata dalle autorità contrarie («sed contra»), e infine risolta dall’autore («respondeo dicendum»). È un metodo che consente un ragionamento serrato e chiarissimo, come nella Summa Theologiae di Tommaso. L’eco giunge sino ad Amleto, che nel celebre monologo sull’essere e il non essere inizia con una «question» e prosegue con l’alternativa («whether…or») per fornire poi la sua risposta: inconcludente perché s’incaglia contro lo scoglio formidabile della morte.
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