Giappone, The Chureito Pagod, Fiore di ciliegio
Il giardino di Albert

Il Kintsugi e la metafora delle fratture

di Sonja Riva

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  • 17.12.2022
  • 21 min
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Molte sono le differenze tra la cultura orientale e la nostra occidentale. Una di queste riguarda anche il nostro rapporto con gli oggetti. Noi quando un oggetto si rompe, tendiamo a buttarlo oppure ad aggiustarlo senza che del danno rimanga traccia. Perché la rottura, le difficoltà e le cicatrici rivestono sovente un significato negativo, associato al dolore, al senso di colpa o al fallimento. Come se non fossimo in grado di considerare i momenti di crisi e rottura come nuove possibili risorse anche di cambiamento. Esiste invece una tecnica di restauro, il Kintsugi, strettamente connessa con la filosofia zen, che è nata alla fine del ‘400 da ceramisti giapponesi proprio per aggiustare le preziose tazze della cerimonia del thè. Una tecnica tradizionale che mostra come da una ferita possa nascere una nuova forma e anche una storia più preziosa sia per la sua estetica che per il suo significato interiore. Il Kintsugi aggiusta i pezzi rotti dell’oggetto utilizzando solo materiali naturali, come una speciale resina di un albero, perché tutto deve tornare alla terra. E ad evidenziare la frattura, per impreziosirla viene utilizzata la polvere dell’oro. L’oggetto acquista così una bellezza nuova e speciale. A parlarci di questa antica tecnica è il maestro Kiyokawa Hiroki, che la pratica da oltre 45 anni e che recentemente è stato ospite dell'Istituto di Cultura Giapponese di Roma e del Museo d’arte orientale di Venezia, eventi promossi dall’Ambasciata Giapponese presso la Santa Sede nell’ambito delle manifestazione per l’ottantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Giapponese e Santa Sede.

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