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Il giardino di Albert

L’appello della scienza contro i razzismi

di Clara Caverzasio

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  • 08.03.2018
  • 24 min
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Nel 1933 Albert Einstein arriva a Princeton nel New Jersey insieme alla moglie Elsa e alla segretaria Helen Dukas (dove rimarrà a fare ricerca presso l’Institute for Advanced Study) dopo aver rinunciato alla cittadinanza tedesca e svizzera. All’ingresso negli USA gli viene chiesto di dichiarare la propria appartenenza razziale: ‘appartengo alla razza Umana”, rispose. In realtà a quel tempo la scienza cercava ancora di dare una base scientifica al concetto di razze, così come aveva fatto per secoli, abbracciando talvolta rafforzandoli, stereotipi razziali e sociali secondo i quali ci sono razze intelligenti e non. Negli ultimi decenni però, grazie soprattutto alla genetica, sappiamo per certo che le razze non esistono, e che l’uomo appartiene a un’unica specie. Siamo tutti diversi, ma tutti appartenenti alla grande famiglia ‘umana’. Due persone che hanno la pelle diversa in realtà hanno la stessa probabilità di essere simili dal punto di vista genetico che due individui dello stesso colore. E il caso recente della scoperta che il primo britannico, l’uomo di Cheddar, ritrovato a inizio ‘900 dopo 10'000 anni, era nero riccio e con gli occhi azzurri, ne è la riprova. Eppure questo dato non ha ancora un impatto significativo sull’opinione pubblica. Ecco perché il mese scorso è stato presentato a Roma -a 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali e a pochi giorni dai fatti di Macerata- un documento sottoscritto dalle Associazioni e Società Scientifiche italiane degli antropologi per una informazione scientifica contro i razzismi. Nel Giardino di Albert di giovedì 8 marzo il giornalista scientifico Pietro Greco, che ha moderato il dibattito romano, ci spiegherà meglio il senso e i retroscena di questo appello, illustrandoci anche la storia delle acquisizioni della scienza in merito al concetto di razza. Sarà ospite anche l’antropologa Nina G. Jablonski della Pennsylvania State University che negli ultimi 25 anni si è occupata di evoluzione umana, con un focus particolare proprio sulla pelle umana e la sua pigmentazione.

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