Il pubblico del teatro No’hma non voleva lasciarle andare via: Karine Benny, Myriam Boiserie, Marie Coumes, Laetitia Dutech, le quattro cantanti e strumentiste della Linguadoca impegnate in uno dei due concerti in programma il 7 e 8 gennaio scorsi. Al No’hma, un teatro da meno di trecento posti a Città Studi, a Milano, ci si va per fiducia, perché gli spettacoli sono sempre sorprendenti e vari, grazie alla direzione di Livia Pomodoro (ex magistrato di prima fila al Tribunale di Milano) e all’efficienza del suo staff, e anche, diciamolo, perché sono gratis! Basta prenotare online, e ormai non è nemmeno necessario sapere se ci sarà un concerto, uno spettacolo di danza, teatro di figura, teatro classico, contemporaneo… Come molti, ci siamo andati domandandoci se “La mal coiffée” fosse il titolo di una commedia, una canzone popolare, o altro. Abbiamo scoperto che era il nome di un gruppo di donne nell’età di mezzo, insieme da una ventina d’anni, quindi navigatissime sul palcoscenico, ma fresche come delle debuttanti, indaffarate con strumenti strani, qualcuno etnico, qualcuno messo insieme da un fabbro o un idraulico, ma intonati con accordatori elettronici e amplificati con microfoni a contatto sofisticati, con un sound tra Harry Partch e Xenakis, per accompagnare un canto a quattro voci a parti strette, come quello al quale ci hanno introdotto le voci bulgare, Värttinä, Tarta Relena, Ganes, e altri gruppi femminili dei quali ci siamo occupati in queste nostre recensioni. Della lingua d’oc delle canzoni non si capisce molto, anche se non sembra lontana dal catalano o dal retoromancio, ma le quattro musiciste di Minervois (cittadina fra Narbonne e Carcassonne) le spiegano con arguzia e orgoglio, e sono forti, rivendicative, come quelle di altre minoranze linguistiche che denunciano l’emarginazione, l’oppressione. Interessante, perché se fossero in italiano il pubblico della borghesia illuminata milanese (che esiste ancora, chissà se solo al No’hma) le troverebbe un po’ fuori moda, invece si infiamma e non finisce di applaudire, come se si fosse a un concerto degli Inti-Illimani nel 1974. Grazie, signora Pomodoro!
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