"The Sky Is the Same Colour Everywhere", di Kayhan Kalhor and Toumani Diabaté, Real World Records (dettaglio di copertina)
La Recensione

“The Sky Is the Same Colour Everywhere”

La maestria dei due interpreti, la ricchezza delle tradizioni

  • realworldrecords.com
  • 22.01.2025
  • 24 min
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Di: Giordano Montecchi 

World Music. Fino a una quarantina d’anni fa, pronunciata da un musicologo o da etnomusicologo, l’espressione si riferiva all’insieme delle culture, delle attività musicali o dei musicisti di tutto il mondo. Ma nei decenni a seguire, il senso originario è stato non cancellato, ma surclassato da una diversa accezione a indicare un vero e proprio genere musicale. Al punto che alla fine degli anni Novanta, un grande etnomusicologo come Simha Arom, alla domanda «Che cosa pensa della World Music?», rispose lapidario: «La World Music è una pattumiera». Sappiamo bene quel che era successo: l’industria e il mercato discografico avevano scoperto non solo la ricchezza inesauribile del serbatoio intercontinentale delle musiche tradizionali, folkloriche, d’arte, ma anche la golosa prospettiva di combinare insieme, in cocktail musicali altamente appetibili, musicisti, suoni e stilemi i più diversi e distanti geograficamente. In sostanza una replica postmoderna e molto più sgamata di quell’esotismo che già dal tardo Ottocento aveva letteralmente ammaliato la vecchia Europa. Uno dei protagonisti, se non l’artefice maggiore del successo di questo nuovo genere è stato Peter Gabriel che, dopo aver lasciato i Genesis, fondò nel 1987, Real World, l’etichetta discografica forse più nota e fortunata in questo ambito musicale. E ancora una volta da Real World, ecco una recente uscita che quasi riassume il destino di questo mondo, reale sì, ma anche artificiale. “The Sky Is The Same Colour Everywhere” vede insieme due grandi musicisti: Kayhan Kalhor, iraniano di origini curde e uno dei massimi interpreti di kamancheh (l’equivalente del violino diffuso in una vastissima area del Medio Oriente) e Toumani Diabaté, maliano, anch’egli uno dei più celebrati virtuosi di kora, l’arpa-liuto tipica delle regioni occidentali dell’Africa subsahariana e purtroppo scomparso nel luglio scorso. La maestria dei due interpreti, la ricchezza delle tradizioni di cui sono portatori, la raffinata tecnologia audio generano un esito tanto affascinante quanto, come sempre, grondante di interrogativi.

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