"Some Mississippi Sunday Morning" di Parchman Prison Prayer, Glitterbeat (dettaglio di copertina)
La Recensione

“Some Mississippi Sunday Morning”

14 tracce di voci prigioniere

  • glitterbeat.com
  • 5.9.2024
  • 25 min
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Di: Giordano Montecchi

Spesso si legge nelle note di presentazione di un album pop o jazz, o anche di altro genere, che per la realizzazione del progetto sono occorsi anni. Secoli fa, altri generi, altri musicisti, di anni potevano passarne ben di più. Ma si sa: la vita, l’ispirazione,... . Detta cinicamente, dunque, questo è l’ennesimo album che ha richiesto tre anni di lavoro. Ma non di rovelli o incertezze. No, no, era tutto ben chiaro fin dall’inizio. Ian Brennan per produrre questo disco ha semplicemente trascorso anni a lottare con la burocrazia per avere un’autorizzazione. Che finalmente, dopo tre anni è arrivata, e con il preavviso di una settimana, gli sono state concesse poche ore per registrarlo. Il risultato si intitola Parchman Prison Prayer. Some Mississippi Sunday Morning e irradia un’aura di eroismo. Il Penitenziario statale del Mississippi è un carcere di massima sicurezza, più noto come The Parchman Farm, e dal 1901, quando fu fondato, si porta dietro la nomea di luogo di infamie. Brennan, come quasi un secolo prima John Lomax e suo figlio Alan, è riuscito a entrare e a registrare i canti di un gruppo di detenuti radunati in occasione di una funzione religiosa domenicale. 14 tracce, non conosciamo i loro nomi completi, tantomeno i volti, sentiamo voci di giovani e di vecchi, un pianoforte scordato, una mezza batteria, niente chitarre. Voci che potrebbero figurare nelle classifiche della black music. Ma qui non c’è blues, qui regna il gospel: musica, come ha osservato Brennan, fuori dal tempo, che deve uscire da qui e che deve essere ascoltata.

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