Leonard Cohen
La Recensione

Dal cestino all’Olimpo

Storia di una canzone

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Di: Giordano Montecchi 

Era il 1984. Walter Yetnikoff, presidente della CBS Records, un bel giorno si trovò sul tavolo il master del nuovo album di un suo artista già navigato. Ma quella volta disse: «Ah no, non se ne parla proprio. È un disastro, questa roba è impubblicabile». Cose del genere, nel mondo dell’editoria, siano libri o musica o altro, succedono regolarmente. Un ventina d’anni prima qualcosa di analogo era successa a un certo Frank Zappa. Ma Zappa era un esordiente, quel cinquantenne cantautore invece aveva sulla groppa ben sei album usciti a partire dal 1967 e che, quanto a vendite, erano andati via via uno peggio dell’altro. Negli Usa quindi niente da fare. E così Various Positions, questo il titolo dell’album, uscì solo in Canada l’11 dicembre 1984, giusto quarant’anni fa. Solo nel 1985 l’album, acquistato dalla Passport Records, un’etichetta indipendente, vide la luce anche negli Stati Uniti. Anche stavolta, comunque quanto a successo di vendite, solita storia. A parte alcune recensioni positive, nessuno sembrò accorgersene. Eppure quell’album includeva alcune canzoni che oggi sono letteralmente idolatrate come capolavori assoluti nella storia del pop d’autore: Fra queste Dance Me to the End of Love e Hallelujah, proprio quella, perché è di Leonard Cohen che stiamo parlando. In occasione del quarantesimo compleanno di Hallelujah, questa canzone tanto amata quanto fraintesa, vale forse la pena di riparlarne.

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