Gli anni Ottanta del Novecento sono ricordati come un’epoca di grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche. Le svolte liberiste in grandi democrazie occidentali, con le vittorie di Margaret Thatcher in Gran Bretagna, di Helmut Kohl nell’allora Germania Ovest e di Ronald Reagan negli Stati Uniti, influenzano la vita pubblica europea e le scelte economiche e sociali dei governi. In Italia, Francia e Spagna si affermano invece esecutivi a guida socialista. Reagan e Gorbaciov siglano lo storico trattato sulla riduzione dei missili. I cambiamenti innescati dalla politica di glasnost e dalle riforme della perestrojka avranno una portata superiore alle intenzioni del loro promotore, preparando il terreno alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e, dopo il crollo del muro di Berlino, al mutamento dello scenario geopolitico nell’Europa orientale. Mutamenti che vengono raccontati dalla televisione e rappresentati dalla musica pop. Un periodo a cui oggi si ripensa con grande nostalgia, quasi come a un'epoca felice, edonistica e spensierata dopo la cupezza degli anni di piombo. Perché li ricordiamo in questo modo? E, parafrasando una nota canzone dell'epoca, intitolata "Cosa resterà degli anni '80", che cosa è rimasto degli anni '80?
Ne parleranno gli ospiti di "Moby Dick": Andrea Graziosi, ordinario di "Storia contemporanea" all’Università di Napoli Federico II (tra i suoi libri si ricordano “L’Urss di Lenin e Stalin” “L’Urss dal trionfo al degrado”; “L’Unione Sovietica 1914-1941”, pubblicati da Il Mulino); Gabriele Balbi, professore associato in media studies all’ Università della Svizzera italiana, autore del volume “L’ultima ideologia. Breve storia della rivoluzione digitale (Laterza) e Adolfo Scotto di Luzio che al decennio di cui ci occuperemo ha dedicato il libro “Nel groviglio degli Anni Ottanta. Politica e illusioni di una generazione nata troppo tardi” (Einaudi).
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