Enrico Pieranunzi
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La Rapsodia in blu compie 100 anni

Il capolavoro che aprì le porte del concertismo classico al jazz

  • 09.02.2024
  • 30 min
  • Barbara Tartari
  • Imago Images
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Il 12 febbraio del 1924 il direttore d’orchestra Paul Whiteman presenta un programma intitolato “An Experiment in Modern Music” all’Aeolian Hall di Manhattan, una sala da concerto situata sulla 43° strada West fra la Quinta e la Sesta Avenue. L’intento era quello di divulgare la nuova musica che si stava affermando in America sotto l’egida del jazz, termine-ombrello che arrivava a comprendere altre espressioni popolari come il blues e le canzoncine ballabili. Il momento clou della serata era costituito da una composizione che Whiteman aveva commissionato a uno degli astri emergenti, il 25enne George Gershwin, già famoso come autore di musical e canzoni di successo: la sua Rhapsody in Blue fu un successo immediato che aprì le porte del concertismo classico al jazz, producendo una sintesi epocale fra la musica del Vecchio Continente e il suono che caratterizzava la giovane nazione multietnica. «L’ho pensata come un caleidoscopio musicale dell’America, del nostro vasto melting pot, del nostro inimitabile entusiasmo nazionale, del nostro blues, della nostra follia metropolitana» ebbe a dire il suo autore. Sono passati cento anni e la Rapsodia figura stabilmente fra le composizioni più popolari dell’intera storia della musica continuando ad affascinare pubblici e interpreti, fra i quali il pianista e compositore Enrico Pieranunzi che in occasione del Centenario ne riproporrà una sua versione alla Cámara del Auditorio Nacional de Música de Madrid. Barbara Tartari ne parla con lo stesso Pieranunzi e con il musicologo Paolo Prato.

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