Il 15 dicembre scorso, Roberto Bolle, il più celebre ballerino al mondo, nella sede della Camera dei Deputati del Parlamento Italiano, ha lanciato un grido di dolore per il balletto che muore tra l'indifferenza e l'ignoranza di politici e organizzatori. Una situazione "sempre più difficile e arida – ha detto – fatta di compagnie teatrali sempre più scarne, di corpi di ballo che vengono chiusi, di assoluta mancanza di protezione per la categoria artistica, di ballerini che devono lasciare il proprio Paese per vivere della loro passione". Delle 14 Fondazioni liriche italiane, solo 4 hanno mantenuto un loro balletto, tra cui le eccellenze di Roma e Milano che fanno caso a sé, e i casi molto meno felici del San Carlo di Napoli e del Massimo di Palermo, che Bolle definisce "in fin di vita", con corpi di ballo rispettivamente di 15 e di 10 membri. Eppure la danza è una forma di spettacolo di grande successo, che garantisce platee affollate di giovani. La situazione è molto complessa, tanto più che il divo italiano è un’icona sia del balletto classico, sia della danza contemporanea, che in realtà sono mondi molto diversi. Giovanni Conti e Paolo Borgonovo ne parlano oggi con Tiziana Conte, giornalista esperta di danza, e con la danzatrice, regista e coreografa Tiziana Arnaboldi.
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