È prevista in questi giorni l’uscita del nuovo disco di Beyoncé Act II: Cowboy Carter, il secondo del suo ampio progetto in tre parti inaugurato nel 2022 con l’album Renaissance. Come fa intendere il titolo rivelato solo pochi giorni fa, il disco sarà interamente dedicato alla musica country. Un genere che nella cultura americana viene comunemente associato ad un pubblico e ad artisti bianchi, se non addirittura con un orientamento tradizionalista. Fa dunque scalpore la notizia che una superstar R&B e Pop afroamericana come Beyoncé incida un disco in questo stile. A vederci nulla di strano sembra essere tuttavia la stessa Beyoncé, che si rifà in questo disco alle influenze musicali della sua infanzia passata in Texas e al ruolo spesso trascurato di artisti afroamericani alle origini di questo genere che oggi viene spesso visto negli Stati Uniti come sinonimo di identità bianca. Anche il cowboy che compare nel titolo sembra essere un rimando al fatto che storicamente molti cowboy, mandriani, pastori delle mucche – uno dei simboli americani per eccellenza – erano di fatto persone di colore.
Vogliamo trarre spunto da questo disco per interrogarci sui rapporti culturali e sociologici che legano la musica country americana e il retaggio afroamericano ora rivendicato nel caso specifico da Beyoncé.
Ne parlano Martino Donth e Sergio De Laurentiis con Ferdinando Fasce, professore di Storia contemporanea all’università di Genova, americanista specializzato in storia del lavoro, delle migrazioni, della cultura e della pubblicità e con il musicologo e critico musicale Giordano Montecchi.
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