Religioni “dappertutto”
di Gioele Anni
Donald Trump vince le elezioni presentandosi come un “messaggero di Dio”. La politica, negli Stati Uniti e non solo, utilizza sempre più spesso simboli legati al mondo spirituale per mandare messaggi agli elettori di vari gruppi sociali. Ma non solo, anche altri soggetti fanno uso di richiami religiosi: dai brand di moda agli artisti, dai professionisti del marketing a quelli dei media. Il professor Carlo Nardella, sociologo dell’Università Statale di Milano, ha analizzato questi fenomeni in un recente libro dal titolo: Religioni dappertutto. Con le sue riflessioni aiuta a comprendere il perché di queste dinamiche e approfondisce i rischi e le opportunità che si presentano alle varie comunità di fede in questo tempo di secolarizzazione.
L’America “confessionalizzata” di Trump
di Gaëlle Courtens
Per la prima volta un’elezione presidenziale negli Stati Uniti ha visto i seguaci di chiese e comunità di fede votare a maggioranza per il candidato repubblicano. Fanno eccezione soltanto due minoranze: le comunità ebraiche e le congregazioni afroamericane. Anche nelle chiese tradizionalmente “liberal”, quelle protestanti storiche dette “mainline”, più della metà dei fedeli lo scorso 5 novembre ha votato per Donald Trump. Cos’è successo? Come spiegare questo dato? Ne parliamo con Paolo Naso, docente di Scienza politica all’Università la Sapienza di Roma, esperto del panorama religioso statunitense, appena rientrato dal Michigan (USA).
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