Daniele Finzi Pasca
Gli Incontri di Rete Uno

Daniele Finzi Pasca

40 anni di teatro della carezza

  • IMAGO
  • 28.09.2024
  • 52 min
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Di: Michela Daghini 

Ci ha fatto sognare per decenni e continua a farlo, portandoci in mondi surreali di poesia e atmosfere rarefatte e oniriche. Il nuovo lavoro, Titizé, ha debuttato allo storico Teatro Goldoni di Venezia dove si avvicina alla conclusione delle due 52 repliche prima di arrivare al LAC di Lugano il 22 ottobre. È ispirato infatti alla città lagunare e alla sua magia, evocandone la storia e le suggestioni della Commedia dell’arte. Un sogno veneziano nello stile a cui ci ha abituati Daniele Finzi Pasca, quel linguaggio universale che fonde teatro, danza, musica, acrobazia e clowneria esplorando le grandi dimensioni esistenziali: gioia, tristezza, memoria, amore e perdita. Uno spettacolo in cui ritroviamo “Venezia con il suo splendore, le sue atmosfere, la sua poesia e i misteri che la abitano”, racconta.

Regista, attore e drammaturgo, ha percorso 40 anni di storia teatrale con la sua poetica, delicata e intima, del Teatro della carezza, realizzando 35 spettacoli con la sua Compagnia in un percorso che include anche 3 Cerimonie olimpiche, 2 spettacoli per il Cirque du Soleil – Luzia, e Corteo, in tournée da oltre 10 anni – e 6 opere liriche in teatri prestigiosi come il San Carlo di Napoli, il Marinsky di San Pietroburgo, l’English National Opera di Londra e il Grand Théâtre de Genève. Attualmente 7 allestimenti sono in tour per il mondo, NUDA, Luna Park, Per te, Bianco su Bianco, La Verità, Donka – Una lettera a Čechov, e anche il celebre Icaro, pietra miliare del 1991 recentemente tornato in scena. Una narrazione visionaria la sua, quella di un immaginario che continua a incantare il pubblico facendo della fragilità, del gioco e dell’emozione il fil rouge della sua arte, in cui il comico e il tragico si fondono in armonia, incarnati perfettamente nella figura potente del clown.

Incontriamo l’Artista partendo dal nuovo spettacolo per uno sguardo al suo percorso, dalle suggestioni dei viaggi in India ancora diciottenne a lavorare con Madre Teresa di Calcutta, all’ispirazione del gesto della cura e del “gesto invisibile”, fino al linguaggio acrobatico come viaggio iniziatico, al suo rapporto con la meraviglia e la fragilità nel processo creativo e nella vita.

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