Tra i più grandi musicisti jazz nel panorama mondiale, inizia a studiare il pianoforte a otto anni e a diciassette passa alla tromba da autodidatta e poi al flicorno, collaborando con i più importanti artisti a livello internazionale. Muove i primi passi nell’improvvisazione con il padre Flavio, sassofonista, e uno dei pionieri del jazz moderno in Europa, nel periodo in cui Lugano, tra la fine degli anni Cinquanta e i Settanta, è un tempio della discografia jazz e chiama musicisti da tutto il mondo. Una famiglia la sua in cui ha sempre respirato la musica, e in cui anche la mamma, una donna dell’aristocrazia romana, suonava la batteria. Oltre alla carriera musicale è stato imprenditore di successo, laureandosi in economia e ricoprendo il ruolo di amministratore delegato nell’azienda di famiglia.

In queste settimane è uscito Sweet Caress, il nuovo lavoro di Franco Ambrosetti registrato con altre luminose stelle del firmamento musicale, dal pianista e arrangiatore Alan Broadbent, al chitarrista John Scofield, da Scott Colley al basso a Peter Erskine alla batteria, e con il raffinato violino di Sara Caswell, tutti assieme in un album di ballate romantiche e struggenti.

Lo incontriamo per parlare di questo nuovo disco, delle esperienze oltreoceano, del suo fare musica, ma anche della sua amata isola greca nelle Cicladi, dove trova ispirazione, degli anni al Derby di Milano e al Santa Tecla, e di quel viaggio mistico che è stato suonare con Charles Mingus, in quella notte indimenticabile.

Franco Ambrosetti