audio_1x1-camera-d_eco.png
Camera d’eco

Homo Faber - Max Frisch

Chi avrebbe mai pensato che il diario di un ingegnere potesse essere interessante?

  • 11.03.2023
  • 4 min
Scarica

Ciao a tutti, Nicola è tornato ai microfoni con nuovi consigli di lettura per voi. Oggi vi presento l’opera di un autore svizzero: Homo Faber di Max Frisch, edito da Feltrinelli nel 2005 in una bellissima edizione per la collana “Vintage”.

Il suo autore è Max Frisch, zurighese nato nel 1911 e morto nel 1991. Nella sua lunga carriera è stato insignito di numerosi e prestigiosi premi letterari. Le sue opere trattano volentieri i temi, e anche le problematiche, dell’identità, della responsabilità e della morale.

Eccovi le ormai note buone ragioni per leggerlo. Se vi interessa l’arte questo libro soddisferà il vostro desiderio, offrendovi un importante riflessione sull’arte e il suo valore. Inoltre, se doveste essere un po’ dei ficcanaso questo libro vi permetterà di assistere alla complicata e turbolenta vicenda famigliare del protagonista. Infine, il libro è particolarmente breve e scorrevole, con un formato compatto che vi permetterà di portarlo con voi e leggerlo ovunque vogliate.

Come in fondo ci ricorda il sottotitolo si tratta di un resoconto (quasi degli appunti sparsi o delle pagine strappate di un diario) di un periodo della vita dell’ingegnere Walter Faber, che girando il mondo per lavoro ha modo di ricongiungersi con una figlia della quale ignorava l’esistenza e con la madre di ella. Ambientato tra Stati Uniti, Venezuela, Italia e Grecia, questo resoconto mostra la vita del razionalissimo ingegnere andare in frantumi, sconvolta dagli eventi di cui resta in balìa. Le visite nei musei, un amore incestuoso, ricongiungimenti difficili, e soprattutto la perdita dei propri cari portano l’irrazionalità nella vita di Faber. Ma è soprattutto la comparsa della morte a fargli capire che la sua vita è sbagliata. È da questa comparsa che l’ingegnere comprende il suo amore per la vita, iniziando così un percorso nuovo, diverso.

Homo Faber si presenta come un piccolo museo della vita di Walter Faber, passando attraverso le varie stanze, segnate dal cambiamento dei luoghi, possiamo assistere ai dipinti che Faber stesso ci mostra, a testimonianza delle sue avventure. Il discorso sul museo è particolarmente importante in quanto durante la tappa italiana del suo viaggio, Faber (con suo grande dispiacere) avrà modo di visitarne parecchi, su insistenza della sua compagna di viaggio Sabeth, grande appassionata di storia dell’arte. Per il razionale ingegnere i musei sono infatti dei luoghi morti, a lui interessano i viadotti, le autostrade, il Campari. Alla vista dei dipinti e delle sculture mal cela la sua frustrazione nel dover ascoltare le spiegazioni pompose delle guide turistiche e dei libri di storia dell’arte. Non tollera che qualcuno gli dica come lui debba sentirsi di fronte all’opera. Tanto più che l’opera è muta, morta. Eppure, scorgendo il riflesso di Sabeth sul vetro delle teche, e facendo dei giochi di luci e ombre su dei bassorilievi, ecco che anche Faber si apre alle gioie dell’arte. Finalmente, a modo suo, diventa partecipe dell’entusiasmo della sua compagna di viaggio, riuscendo a scorgere, là dove c’era la morte, la vita. La proposta di Faber per l’arte è quella di viverla a modo proprio, senza le parole degli esperti e delle guide. Questo proposta andrebbe applicata anche alla vita. Messo duramente a confronto con la morte, questa volta quella vera, Walter Faber riflette sul suo vissuto, ma anche sul suo futuro, e quando è ormai completamente circondato dalla morte, decide nonostante tutto di affidarsi alla vita. Non saranno altri a dettare come lui debba vivere o morire, ma vivrà e morirà secondo i propri termini.

Scopri la serie

Correlati

Ti potrebbe interessare