Buongiorno, mi chiamo Maddalena Muscionico e sono una studentessa di letteratura italiana presso l’Università di Losanna. Oggi mi piacerebbe proporvi un libro che, ora più che mai, è sotto la lente dei lettori di tutto il mondo. Si tratta de L’evento di Annie Ernaux, neovincitrice del premio Nobel per la letteratura 2022. Il libro della scrittrice francese viene pubblicato una prima volta in lingua originale nel 2000, per poi essere ripubblicato da L’Orma Editore nel 2019. Il romanzo breve, tanto da poterlo leggere tutto d’un fiato, riporta, tuttavia, un resoconto esistenziale dal peso inestimabile, ovvero quello dell’aborto clandestino che ha dovuto affrontare da giovane.
La struttura diaristica del romanzo, che si presta ad essere specchio fedele della vicenda totalmente autobiografica, genera una perfetta simmetria tra forma e contenuto. La lettura di questo testo dal passo rapido, concesso dalla semplice seppur precisa scrittura e dalla intensa analisi introspettiva, permette ad ogni lettore, che sia donna o uomo, di immedesimarsi nella vicenda. Infatti, L’evento, come il titolo stesso suggerisce, non parla unicamente di aborto, ma bensì delle sensazioni provate nel vivere una vicissitudine, qualsiasi essa sia, che stravolge la vita tanto da mutarla per sempre. Si tratta di sensazioni nelle quali risulta impossibile non riconoscersi: è in questo modo che la storia della scrittrice diventa quella di tutti, o meglio, quella di ciascuno di noi.
Tramite un’efficace analessi, l’autrice si addentra in una Rouen, cittadella al Nord della Francia, del 1963; una Francia nella quale l’aborto verrà depenalizzato solamente nell’allora lontano 1975. È in questo contesto che la ventitreenne, studentessa universitaria, scopre di aspettare un figlio indesiderato. Eranux, dichiarando “se non andassi fino in fondo a riferire questa esperienza contribuirei ad oscurare la realtà delle donne schierandomi dalla parte della dominazione maschile del mondo”, si fa carico di riportare quello che è stato il percorso, pericoloso fisicamente e debilitante psicologicamente, verso una legittima conquista di indipendenza e libertà del proprio corpo.
Il linguaggio utilizzato dall’autrice appare inizialmente sconcertante, dal rifiuto di artifici retorici emerge un’apatia scientifica; tuttavia, indispensabile al fine di raccontare quella che si può definire una narrazione eccezionalmente oggettiva.
L’autrice ci apre uno squarcio su questo lasso di tempo eternamente sospeso nell’attesa che l’evento - non della nascita, ma della morte – si compia. Tuttavia, la giovane ragazza ancora non sa, che l’evento consisterà propriamente in entrambe le esperienze; ovvero nella compresenza della dicotomia trascendentale di parto e aborto, vita e morte. In questo sorprendente modo Ernaux ci introduce a una visione del tutto filosofica della maternità. Tramite questo sguardo umano ma in una certa misura distaccato, la scrittrice oramai adulta, scioglie quello che tutt’ora viene taciuto, il tabu di un’intera generazione di donne che hanno dovuto crudelmente soffrire per un diritto inderogabile. Risulta, infine, estremamente affascinante il discorso metaletterario, secondo il quale l’esperienza vissuta in quanto essere umano, ma soprattutto in quanto autrice, si concretizza per Ernaux solamente nella conclusione del processo creativo della scrittura, abbracciando in questo modo la denuncia e la guarigione, l’aiuto a tutte le donne e l’aiuto a sé stessa.
Grazie a quest’incredibile narrazione in prima persona, la scrittrice non solo ci offre un pezzo di storia, ma anche un pezzo della sua vita. Consiglio, dunque, il libro a chiunque fosse interessato a questo aspetto storico ancora poco narrato e a chiunque abbia voglia di farsi trasportare in una profonda riflessione esistenziale.
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