Cultura

Il “millennium bug”, 25 anni dopo

Tra il 1999 e il 2000 il mondo ha evitato un disastro di proporzioni mai viste e questa storia può ancora insegnarci qualcosa

  • 29 dicembre 2024, 11:03
  • 29 dicembre 2024, 12:27
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25 anni dal Millennium Bug

Francesco Gabaglio / Luca Bassi 27.12.2024, 12:00

  • Imago
Di: Francesco Gabaglio 

Venticinque anni fa, questa settimana, il mondo era più o meno in preda al panico. Mancava solo qualche giorno all’anno 2000, e c’era un problema: allo scoccare della mezzanotte, tutta l’infrastruttura informatica mondiale sarebbe potuta andare in crash.

Questo perché i computer dell’epoca memorizzavano le date in modo particolare: l’anno era indicato solo utilizzando le due ultime cifre, quindi, per esempio, il 1998 era formattato come 98. Date di creazione dei file, calendari, programmi e qualsiasi operazione automatizzata si basavano su questo sistema perché, quando i computer erano stati inventati negli anni ’60, avevano a disposizione solo qualche byte di memoria, e tralasciare le prime due cifre di ogni anno faceva risparmiare una quantità considerevole di spazio e di denaro. I sistemi operativi partivano quindi sempre dal presupposto che quelle due cifre si riferissero sempre al Novecento.

Tuttavia, col passaggio al 2000, le ultime due cifre sarebbero stati due zeri. Il 1. gennaio, tutti i computer del mondo avrebbero quindi creduto di essere tornati indietro nel tempo, all’anno 1900. I risultati sarebbero stati imprevedibili: la borsa, gli ospedali, televisioni e radio, il sistema di aviazione e di trasporto pubblico, le infrastrutture militari, l’elettricità… Tutto si sarebbe fermato improvvisamente, tra messaggi di errore e arresti anomali.

Nei mesi e negli anni precedenti i media avevano trattato il tema in modo martellante. Gli avevano anche assegnato un nome facilmente memorizzabile: era conosciuto come il “millennium bug” oppure con una sigla che è utilizzata anche oggi per riferirsi all’estetica di quell’epoca, cioè Y2K (che sta per Year 2K, anno 2mila). Come risultato di questa campagna mediatica, nel 1999 tra la popolazione serpeggiava il panico. Molti si stavano preparando a un evento catastrofico, chi acquistando generatori e facendo scorta di candele, chi allestendo dei bunker pieni di armi, cibo e acqua. Il governo del Canada aveva mobilitato 13’000 soldati pronti a qualsiasi cosa, e alcuni paesi occidentali avevano richiamato in patria il personale delle proprie ambasciate in Russia. Alcune sette religiose attendevano persino il crollo della società per instaurare delle teocrazie.

Ed eccoci al momento della verità: allo scoccare della mezzanotte il mondo trattiene il fiato e… non succede nulla di particolare. O, più precisamente, la società non crolla. In realtà qualche problema si presenta: i computer dei tribunali di Napoli e di Venezia, per esempio, aggiungono 100 anni di prigione ad alcuni detenuti; alcuni bancomat in tutto il mondo smettono di funzionare; qualche ospedale vede fermarsi i propri macchinari per le dialisi. Vari disagi di questo tipo si verificano un po’ ovunque. Ma si tratta, appunto, di disagi, e non di disastri.

Questo perché gli informatici erano a conoscenza del “millennium bug” già da molto tempo e avevano avvertito con largo anticipo governi e imprese private che, soprattutto negli anni ’90, si erano attivati per risolvere il problema. A questo scopo gli Stati Uniti avevano creato il “Consiglio per l’anno Duemila”, poi divenuto celebre, ma tutti i Paesi (chi più, chi meno) si erano chinati sulla questione. Si era trattato di uno sforzo enorme, che era costato, a livello globale, l’equivalente di 518 miliardi di franchi attuali. Ogni linea di codice di ogni programma esistente doveva essere riletta, verificata ed eventualmente corretta. Molte aziende avevano dovuto anche acquistare nuovi computer che supportassero un sistema di datazione diverso. Non tutti erano stati così diligenti, ma gli sforzi fatti erano stati sufficienti. L’umanità era arrivata pronta al 1 gennaio 2000.

Talmente pronta, in realtà, che già a partire dai giorni seguenti in molti hanno cominciato a pensare che quella del “millennium bug” fosse una montatura, o persino una specie di teoria del complotto. Era una posizione non del tutto sbagliata: i media avevano seminato il panico in modo a tratti irresponsabile, nonostante gli esperti continuassero a ripetere che i lavori procedevano bene e la situazione era, tutto sommato, sotto controllo. Ed è vero che molte aziende, approfittando di questo panico, avevano ottenuto il budget per modernizzare completamente le proprie infrastrutture, anche quando non strettamente necessario.

Tuttavia, rimane il fatto che sarebbe davvero potuto succedere un disastro. E non è successo perché l’umanità si è resa conto di dipendere dalla tecnologia scoprendosi vulnerabile, e ha perciò deciso di cooperare e rimboccarsi le maniche per evitare il peggio. Ed è per questo che, specialmente ora, davanti alle sfide che ci aspettano nei prossimi anni, la storia del “millennium bug” può ancora insegnarci qualcosa di importante.

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Millennium Bug

RSI Cultura 03.01.2000, 17:46

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