Cultura

Rendere “rovine” le macerie

Uno sguardo sul presente attraverso i concetti di rovine e di macerie

  • 7 ottobre, 12:09
  • 7 ottobre, 12:15
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L'antica città di Palira, Siria

  • Keystone
Di: Elia Bosco 

Soffermarsi sui concetti di rovina e maceria può essere illuminante, soprattutto nel nostro presente. Il tema, approfondito da Alphaville, ci permette di compiere un ulteriore passo verso l’attualizzazione del quesito e, dunque, verso una proficua riflessione che potrà sollecitare la nostra sensibilità e metterci in discussione in quanto esseri umani e cittadini.

Per introdurre storicamente la questione delle rovine e delle macerie, stabilirne i rapporti, delinearne la definizione, individuarne le differenze, è imprescindibile il riferimento all’antropologo, etnologo, scrittore e filosofo francese Marc Augé, autore di uno dei libri fondamentali dell’antropologia culturale, intitolato Le temps en ruines (Rovine e macerie. Il senso del tempo, tradotto da Aldo Serafini e pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2003).

Cosa siano le rovine, cosa le macerie, è chiaro a tutti. Di sicuro non è ciò che Marc Augé, nella sua opera, si preoccupa di definire. Il suo è un approccio più simbolico, concettuale, culturale, psicologico e perciò innovativo, una conquista che potremmo considerare epocale. Il grande merito del filosofo francese è stato infatti quello di creare un ponte fra l’antropologia e la storia: attraverso i concetti di rovina e di maceria ci parla di noi, della nostra esistenza, del nostro rapporto con la storia, del nostro tempo. In effetti, le rovine sono le tracce più materiali del nostro passaggio sul pianeta terra. In qualche modo, quando le incontriamo, incontriamo un tassello della storia umana che ci ha portati ad essere dove siamo ora: il passato torna presente, si anima, ci parla, si svela, esce dall’oblio e testimonia la sua eterna realtà. Esse stimolano la memoria e ci ricordano l’inesorabile trascorrere del tempo e, con esso, contribuiscono a creare identità, valori, cultura.

Le macerie si situano su un piano totalmente opposto rispetto al concetto di rovina: sono il risultato delle distruzioni del contemporaneo, causate da eventi catastrofici che non possiamo controllare o, molto più spesso, da eventi politici che si scagliano spietati sulla società. Simboleggiano, in qualche modo, la precarietà del mondo, testimoniano l’assenza di tempo, la cancellazione della storia, l’assoluto presente, la prepotenza umana. Se le rovine rappresentano il corso della storia e testimoniano la grandezza, la forza, la capacità dell’essere umano di sopravvivere al corso degli eventi, le macerie sono al contrario inesorabilmente legate al loro presente, alla violenza, alla politica, alla natura e alla fragilità di tutto ciò che è contemporaneo: dimostrano, insomma, la debolezza, l’errore, la sopraffazione, il conflitto, il corso delle cose.

Risulta semplice, a questo punto, attribuire un valore positivo alle rovine, pregne di storia, e negativo alle macerie, entità vuote e catastrofiche. La contemplazione delle rovine diventa una forma di riflessione che ci aiuta ad acuire il nostro senso del tempo come esseri umani e a indirizzare le azioni del presente per ambire ad un avvenire migliore, meno precario, più solido tanto materialmente quanto spiritualmente. Le macerie, al contrario, hanno il compito di educare chi le incontra alla responsabilità civile che ognuno ha il dovere di onorare nella contemporaneità.

Le macerie, al giorno d’oggi come nell’ultimo secolo e mezzo, sono all’ordine del giorno. Basti fare riferimento, collegandoci alla nostra attualità, alla guerra in Ucraina o al conflitto israelo-palestinese. Morte, distruzione, disperazione sono tutte simboleggiate dalla quantità quasi nauseante di macerie che portano con sé come diretta conseguenza. Le rovine, oltre a quelle tramandate dai siti archeologici mondiali, sembrano scarseggiare a causa di scelte politiche che investono sempre di più sul digitale come metodo preferito per la conservazione e la trasmissione della cultura. Una netta preponderanza di macerie, insomma, come cifra del nostro presente. Preponderanza che non si limita all’esistenza concreta di macerie quali mucchi di materiale indistinto e caotico, ma che si riflette simbolicamente nel sentire diffuso della contemporaneità, in particolare all’incapacità di ricostruire un senso, un disegno, partendo dai cocci sparsi che la vita ci presenta davanti agli occhi.

Ed è proprio qui che entra in gioco il nostro sguardo, la nostra osservazione, la nostra partecipazione. Come ha ricordato ai microfoni di Laser Alain Schnapp, archeologo, storico e professore emerito dell’Università Parigi I Pantheon-Sorbonne, è il nostro occhio ad elevare a rovine le macerie, nel momento in cui riconosce in questa materia dissoluta, disfatta e caotica, un ordine, uno stile, un tempo, un insegnamento.

Dossier: “Rovine e macerie”

  • Dossier: “Rovine e macerie” (1./5)

    Alphaville 16.09.2024, 12:05

  • Dossier “Rovine e macerie” (2./5)

    Alphaville 17.09.2024, 12:05

  • Dossier “Rovine e macerie” (3./5)

    Alphaville 18.09.2024, 12:05

  • Dossier “Rovine e macerie” (4./5)

    Alphaville 19.09.2024, 12:05

  • Dossier “Rovine e macerie” (5./5)

    Alphaville 20.09.2024, 12:05

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