Lo scorso 17 ottobre, un collasso totale della rete ha lasciato l’intera isola di Cuba senza corrente per quattro giorni. Il crollo dell’elettricità ha inevitabilmente comportato un effetto domino che ha condannato la popolazione all’assenza di acqua, comunicazioni e cibo. Questa paralisi elettrica non è stata la prima né sarà l’ultima: in un paese in cui la corrente è un bene scarso e prezioso, che viene erogato solo per alcune ore al giorno, uno scenario del genere è sempre prevedibile. Se a ciò si aggiungono i disastri che l’uragano Oscar sta causando sulle coste vicine, si capisce che la situazione è tragica e che la popolazione sta vivendo un periodo molto buio.
A parlare della vicenda, delle conseguenze sulla popolazione e, più in generale, della situazione politica cubana, dei suoi limiti e delle sue opportunità future, sono intervenuti, nella trasmissione Laser, lo youtuber Alejandro - autore del canale “Literalmente Cubano” - e la giornalista, scrittrice e blogger residente a l’Avana Yoani Maria Sánchez Cordero, tra le altre cose inserita, nel 2008, dalla rivista Time nella lista delle 100 persone più influenti al mondo, poiché da anni costituisce la principale voce interna di critica del regime subendo in prima persona le conseguenze della sua attività.
Voci dal black-out
Laser 31.10.2024, 09:00
Il governo cubano, nelle sue dichiarazioni ufficiali, afferma che la colpa del collasso della rete sia attribuibile all’embargo, chiedendo allo stesso tempo al popolo di resistere e di non protestare per evitare repressioni violente. A ben vedere, il problema che sta alla base è decisamente più generale e va ad interessare i risultati (o i non-risultati) della politica cubana degli ultimi decenni, che non fanno presagire nulla di buono per il prossimo futuro. La funzione di un governo è quella di condurre la propria nazione verso un sentiero di prosperità e di sviluppo, con l’obiettivo di offrire una vita migliore ai propri cittadini e cittadine. Cuba non si è mai proposta di negoziare nuove condizioni con gli Stati Uniti e per questo sembra evidente che non ci sia la volontà di porre fine all’embargo, perché esso serve molto bene al discorso ufficiale per giustificare gli errori di un governo carente di lungimiranza e di idee. Non è certamente colpa dell’embargo se Cuba sia poco competitiva nel settore della produzione, le sue infrastrutture (ospedali, scuole, ecc.) degradino, la sua popolazione viva quotidianamente la scarsità di cibo, elettricità e servizi.
Da un lato, l’economia della Repubblica di Cuba è fortemente in crisi soprattutto nei settori della produzione alimentare e dell’industria a causa della mancanza di investimenti statali in questo senso. Le personalità che dirigono il paese non si dimostrano all’altezza della loro carica e spesso ricoprono ruoli di potere non per la loro capacità e la loro competenza, bensì per la loro fedeltà al Partito comunista e alla figura di Raul Castro. La mancanza di una visione e di una progettualità che si prospettino nel lungo periodo contribuiscono a diffondere un sentire comune che non è di speranza, ma di disillusione, complice la mancanza di autocritica dello stesso governo. La naturale conseguenza, confermata dalle statistiche demografiche, è un sempre più fitto fenomeno di esodo della popolazione, alla ricerca di un futuro più stabile e più sicuro altrove.
Dall’altro lato, il governo cubano, dal punto di vista degli investimenti, ha dato priorità a opere che non interessano il benessere pubblico. Testimonianza di ciò sono le decadenti infrastrutture, lontane dal poter essere considerate moderne e al passo con i tempi. Si è preferito investire nella costruzione di hotel di lusso al posto che di utilizzare la risorse nazionali per riparare le centrali termoelettriche e per costruirne di nuove, magari innovandosi verso l’energia rinnovabile. La dipendenza ai combustibili fossili rende Cuba molto fragile dal punto di vista energetico e fa presagire ulteriori scenari simili a quello recente. Non solo le infrastrutture energetiche, ma camminando per le strade dell’Avana il degrado lo si trova ad ogni angolo, come testimoniano gli stessi cittadini. Ciò è il riflesso del paese intero e indicatore di come Cuba si sia comportata negli ultimi decenni.
Dalle testimonianze dirette che abbiamo qui riassunto, emerge una situazione di declino generale: economico, industriale, infrastrutturale, che porta con sé anche il declino della salute, dell’accesso al cibo e, insomma, della qualità di vita delle persone. Per poter sperare in un futuro migliore sembra non si possa più fare affidamento all’attuale governo, bensì ci si debba disperatamente appellare - come afferma Yoani Maria Sánchez Cordero - ad un eventuale cambiamento dall’alto o ad un’esplosione esasperata dal basso simile a quella dell’11 luglio, ma di proporzioni maggiori e più violenta. Per i due interlocutori, una cosa sembra certa: la situazione che Cuba sta vivendo è il coerente risultato di una politica che ha mostrato, negli ultimi decenni, i suoi limiti sotto più punti di vista, di cui la classe dirigente deve prendersi le sue responsabilità per far rialzare un paese che, ad oggi, è in ginocchio.