Teatro

In ricordo di Luca Ronconi

Nell’anno del decimo anniversario dalla morte del grande maestro del teatro italiano, che ha vissuto il teatro come una vera e propria forma di conoscenza, partendo sempre dal testo

  • 23 marzo, 10:51
imago257575343.jpg

Luca Ronconi, 1970

  • Imago
Di: Monica Bonetti 

Il programma Charlot, in onda domenica 23 marzo alle 14:35, dedica l’intera puntata, a cura di Monica Bonetti, a Luca Ronconi, proponendo un viaggio nella poetica del grande regista.

Non amo partire dai ricordi personali per scrivere e raccontare un grande personaggio. Soprattutto quando il grande personaggio viene unanimemente definito Maestro. Eppure, nell’accingermi a scrivere di Luca Ronconi in questo anno di eventi ufficiali per segnare il decimo anniversario dalla sua morte, non riesco a sfuggire alla trappola di narrare il breve episodio di un incontro con lui nella veste ancora non di giornalista, ma di studente. L’occasione era un workshop di una settimana organizzata sul lago di Garda dalla cattedra di Storia del teatro e dello spettacolo (a detenerla era allora il prof. Paolo Bosisio, ancora lontano dal ruolo del Preside del Collegio da docu-reality del programma RAI che gli ha dato notorietà televisiva). Tema del workshop: il teatro di Luca Ronconi. Chiamati ad animarlo alcuni tecnici ed attori che con lui collaboravano abitualmente (tra i presenti ricordo Franca Nuti, grandissima attrice scomparsa nell’aprile del 2024, e l’architetta e scenografa Gae Aulenti). E poi lui: Luca Ronconi che si presentò riservato e gentile chiedendoci di raggiungerlo al tavolo per affrontare la lettura di un monologo che ci aveva portato. Mi sottoposi – incauta – all’esercizio. Il brano era il monologo di Vittoria dal Candelaio di Giordano Bruno (lo aveva portato in scena nel 1968 alla Fenice di Venezia e lo riallestirà in una coproduzione teatro Biondo Stabile di Palermo e Piccolo Teatro di Milano nel 2001 con una bravissima Galatea Ranzi nel ruolo di Vittoria). Un monologo di cui non credo di aver letto più di due o tre righe prima di essere fermata per rintracciare in ogni parola, ogni aggettivo, in ogni congiunzione e in ogni virgola una ricchezza di significati e di sottotesti che fino a quel momento neppure immaginavo potessero essere tanto sfaccettati… Non credo di avere mai sofferto di più e nello stesso tempo di aver imparato di più nell’affrontare la lettura di un testo. E ho scoperto solo dopo, quanto quell’attenzione al testo e quella cura filologica nel restituirlo con le sue regie fosse una delle caratteristiche più costanti e preziose del lavoro di Ronconi.

26:26

Luca Ronconi abita ancora qui

Laser 15.10.2019, 09:00

Nato in Tunisia nel 1933 dove la madre insegnava italiano, Ronconi era cresciuto poi a Roma e aveva frequentato un collegio vicino a Basilea per terminare gli studi secondari prima di iscriversi all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma e diplomarsi come attore nel 1953. Il debutto è di quello stesso anno con Luigi Squarcina al fianco di Vittorio Gassman in Tre quarti di luna al Teatro Valle di Roma, ma anche se non gli mancano ottime critiche e nuovi ingaggi, racconterà a più riprese di non essersi mai sentito davvero a suo agio come attore sul palcoscenico o davanti alla camera.

imago372330029.jpg

Luca Ronconi, direttore di scena della Tosca di Giacomo Puccini - Siviglia, 2007

Come regista esordisce nel 1963 chiamato da un gruppo di amici e compagni di Accademia tra cui Corrado Pani e Gian Maria Volonté. Lo spettacolo La buona moglie riunisce in una sua rielaborazione due testi minori di Goldoni e le recensioni non sono positive, a parte qualche rara eccezione (ma che eccezione, a firmarne una davvero ottima è Ennio Flaiano), ma non scoraggiano Ronconi dal proseguire lungo una strada che è fatta di ricerca e di meticolosa restituzione di una lettura raffinata e colta. Seguono lavori che già indicano l’interesse per testi poco rappresentati o per classici che non appartengono alla drammaturgia tradizionale. Nel 1966 I lunatici di due autori elisabettiani raramente allestiti in italiano, Thomas Middleton e William Rowley, nel 1969 l’Orlando furioso ridotto da Edoardo Sanguineti, lo spettacolo che più ha cambiato il modo di fare teatro in Italia nel secondo Novecento. Gli attori (tra cui figurano nomi già di richiamo e che sarebbero diventati ancora più noti in seguito come Ottavia Piccolo o Mariangela Melato) recitano issati su carrelli che vengono spostati da figuranti o altri attori nello spazio scenico, al festival di Spoleto, dove lo spettacolo debutta, nella chiesa di San Niccolò, e poi nelle piazze delle tante città italiane ed europee toccate da una tournée che prosegue per un paio d’anni. Il pubblico è ovunque e si muove attorno a questi carrelli scegliendo di volta in volta chi seguire e ascoltare.

I progetti innovativi si susseguono e quando viene chiamato a dirigere la biennale teatro e musica di Venezia una volta di più imprime un suo sguardo originale chiamando in laguna quanto di più innovativo stava accadendo sulle scene francesi, inglesi o americane e producendo tra gli anni 1975 e 1977 una serie di sperimentali spettacoli rappresentati in spazi decentrati. Citiamo solo Cassio governa a Cipro riscrittura dell’Otello shakespeariano per la penna di Giorgio Manganelli, allestito al Petrolchimico di Marghera con la regia di Gianni Serra e la sua Utopia, tratta da testi diversi di Aristofane che andava in scena in 40 metri di strada negli ex Cantieri della Giudecca.

Su quella scia nasce anche il Laboratorio di progettazione teatrale di Prato un progetto che si spinge molto al di là del teatro coinvolgendo intellettuali e scrittori: Dacia Maraini, Umberto Eco, Franco Quadri per non citare che alcuni, oltre a coloro che sono ormai diventati la sua famiglia teatrale: da Gae Aulenti a Marisa Fabbri o alla già citata Franca Nuti.

Sono questi gli anni della creazione di spettacoli lunghi e complessi, a volte addirittura lunghissimi che spesso trovano la loro ambientazione in luoghi diversi dal palco di un teatro: Ignorabimus al Fabbricone di Prato nel 1986 e Gli ultimi giorni dell’umanità nell’ex sala presse del Lingotto di Torino nel 1990 non sono che un paio di esempi di un uso di spazi di archeologia industriale che farà scuola (un altro spazio di questo genere l’ex fabbrica Ansaldo a Milano avrebbe dovuto accogliere uno spettacolo nel 1988, il progetto non vide mai la luce ma ora l’ex Ansaldo ospita i laboratori della Scala).

Candelaio8929_©MarcelloNorberth-PiccoloTeatroMilano.jpg

Candelaio, regia Luca Ronconi

  • ©Marcello Norberth- Piccolo Teatro, Milano

Poi alla vita da nomade in cerca di progetti sempre nuovi subentra una nuova stagione lavorativa e gli viene affidata la prima direzione di un teatro stabile: Torino dal 1989 al 1994 a cui segue Roma, e poi nel 1999 Milano con il Piccolo Teatro dove chiamato da Sergio Escobar succede come direttore artistico a Giorgio Strehler, morto poco prima, e dove rileverà anche la direzione della scuola in un progetto di didattica che lo ha accompagnato per gran parte della sua vita (proprio al Piccolo utilizzava il monologo dal Candelaio su cui avevo sofferto anch’io, per saggiare la tempra degli aspiranti nuovi attori).

Lehman_applausi0319_©AttilioMarasco-PiccoloTeatroMilano.jpg

Lehman Trilogy, regia di Luca Ronconi

  • ©Attilio Marasco-Piccolo Teatro, Milano

Gli spettacoli creati da Ronconi per il teatro di prosa o per l’opera lirica sono abbondantemente oltre i 200 a cui si aggiungono regie televisive e cinematografiche e progetti speciali.

Elencarli tutti è davvero impossibile qui, ma un buon modo per ritrovarli è scorrere le foto e il ricco materiale d’archivio dal sito lucaronconi.it oppure quello raccolto nel sito della scenografa Margherita Palli (margheritapalli.it) che dal 1986 lo ha accompagnato creando le scene di oltre 60 produzioni tra prosa e lirica oltre a quelle di un buon numero di mostre.

In questo decennale dalla sua scomparsa molte sono le occasioni di rivivere e di riflettere sul suo lavoro. Tra le tante segnaliamo almeno gli appuntamenti al Piccolo Teatro di Milano di Prospettiva Ronconi concentrati in particolare a maggio, e la Giornata di Studi, del 4 giugno A Venezia promossa dall’Università Ca’ Foscari in collaborazione con l’Accademia Teatrale Carlo Goldoni del Teatro Stabile del Veneto e con la Biennale di Venezia, oggi casa dell’Archivio Ronconi. Giornata durante la quale sarà proiettato il documentario 75 Biennale Ronconi Venezia (regia Jacopo Quadri, Palomar, 2022).

LehmanTrilogy_Massini,Ronconi_©LuigiLaselva-PiccoloTeatroMilano.jpg

LehmanTrilogy, Stefano Massini e Luca Ronconi

  • ©Luigi Laselva, Piccolo Teatro di Milano

Nel corso del 2025 Ronconi sarà ricordato anche con mostre ed esposizioni - una promossa dal Comune di Perugia sul rapporto del regista con l’Umbria, dal debutto dell’Orlando Furioso al Festival dei Due Mondi di Spoleto (1969) all’apertura della Scuola d’estate e del Centro Teatrale Santacristina nel 2002 - e non mancheranno, libri e numeri monografici di riviste (Engramma, la rivista del Teatro alla Scala, ecc…).

In ricordo di Luca Ronconi, documentario RAI, regia di Simone Marcelli. Un itinerario nella memoria del critico teatrale Gianfranco Capitta

1:56:53

Le tracce che non ho lasciato

Charlot 23.03.2025, 14:35

  • © Luigi Laselva
  • Monica Bonetti

Ti potrebbe interessare