Arte e Spettacoli

Paola Manfrin, “sfigata” con visione

È la creativa pubblicitaria che ha fatto della provocazione il suo stile. E con cui l’artista Maurizio Cattelan ha voluto collaborare

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09:23

Paola Manfrin 

RSI Cliché 18.03.2025, 09:00

  • RSI
Di: Alessandro Chiara  

Se il buongiorno si vede dal mattino, almeno per noi comuni mortali, nel caso di Paola Manfrin bisogna sovvertire il cliché: per lei il “mattino” si è visto dal Bongiorno. Anzi, da Bongiorno.

In principio era infatti una (non) valletta del Mike nazionalpopolare. Nelle teche RAI circola ancora il video di lei che, durante il quiz Scommettiamo?, apre il palmo della mano su richiesta di un Bongiorno inquisitore - “vado sempre a vedere se ha le mani pulite” - e mostra la scritta a penna “asino chi legge”.

Insomma, una provocatrice nata. Cresciuta coerentemente con questo stile anche dopo, quando è entrata nel mondo della pubblicità, lavorando prima per l’agenzia Armando Testa e poi per la multinazionale statunitense McCann.

A quelli come lei – i pubblicitari - ha appioppato l’etichetta di “sfigati”, non tanto per convinzione, quanto per... provocazione, rieccoci di nuovo.

“C’è stato un momento in cui fare il pubblicitario, negli anni ‘80-’90, era veramente cool. Poi, tutto si è spostato sulla moda e su altri temi importanti”.

Paola Manfrin, che sfigata non è mai stata, non ha subìto ma ha cavalcato quest’onda. Se prima le grandi aziende la criticavano per la sua comunicazione “elegante”, applicata in maniera secondo loro impropria ai prodotti di largo consumo, il cambiamento di quegli anni ha spazzato via il fraintendimento, promuovendo la sua idea di comunicazione a 360°.

Una comunicazione che ha attirato anche l’attenzione dell’artista Maurizio Cattelan: “Voleva una pubblicitaria. Nell’approccio di Maurizio c’è la sintesi di un intero mondo in un’unica immagine, tipica dei pubblicitari”

Affamati entrambi di immagini, hanno così dato vita tra il 1996 e il 2007 alla rivista Permanent Food, un progetto editoriale e artistico “di seconda mano”, per così dire, esposto anche al MoMA (il Museum of Modern Art di New York): “strappavamo le riviste, pagate dalla McCann” - racconta Manfrin con un certo insolente compiacimento - “e le rieditavamo ogni sei mesi in un unico magazine. Sul piano intellettuale, quello che veniva fuori da quelle immagini era il contesto storico”.

Un contesto che oggi – sotto il profilo della pubblicità - ha visto la trasformazione del consumatore in spettatore: “sono talmente tanti gli input! È complicato, è complicato”, ma chi consuma è oramai “sgamato” e “sazio”, perché “ha mangiato”. La fame dei creativi – conclude Paola Manfrin - è invece ancora tanta, “perché non passa mai la voglia di far ricerca, di assorbire come una spugna tutto quello che il mondo ha da offrire”.

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Fame

Cliché 21.03.2025, 22:00

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