Due sedie vuote al centro della platea del Berlinale Palast, lo scorso febbraio (2024) per la prima mondiale di “My Favourite Cake”. Su quelle sedie avrebbero dovuto accomodarsi, come fanno tutti i registi dei film in concorso, Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha ai quali, però, il governo iraniano ha ritirato i passaporti, impedendo loro di accompagnare a Berlino il film. Accolto con un’ovazione ancora più forte, che va oltre la bellezza del film e si lega alla storia dei due autori, finiti sotto processo per aver realizzato un film “osceno”, “offensivo della moralità pubblica”, di “propaganda contro il regime” e “illegalmente” presentato senza i permessi delle autorità per la distribuzione. Una petizione in loro sostegno è stata lanciata su change.org e, ovviamente, la proiezione del film è stata proibita in Iran. Con loro anche l’attrice protagonista del film, Lily Farhadpour, è stata convocata a comparire davanti alla Corte Rivoluzionaria, in quanto è “una delle principali persone responsabili della produzione del film My Favorite Cake”.
Ma cos’ha di tanto osceno e deprecabile questa tragicommedia? Semplice, mostra le donne iraniane come esseri umani, specie coloro che osano prendere il controllo delle loro vite e dei loro destini. E’ stato girato in clandestinità (e nel periodo in cui il Paese ma soprattutto la capitale Teheran era dilaniata dalle proteste del movimento Woman, Life, Freedom) ed anche se la critica nei confronti del regime è velata, in “My Favourite Cake” è molto presente. Mostra una donna che non indossa l’hijab (con la polizia morale che cerca di arrestarla), presenta persone che bevono alcolici e ballano.
Nel film Mahin (Lily Farhadpour), infermiera sulla settantina, vedova e lontana dai figli scappati dall’Iran, inizia a domandarsi se la sua solitudine rischi col tempo di diventare insostenibile. Si tiene occupata e decide di darsi un’ultima possibilità affettiva, sperando di conoscere qualcuno che possa stare con lei. Comincia una simpatica caccia all’uomo, recandosi al ristorante dei pensionati, dove accettano i suoi buoni pasto. Lì incontra Faramarz (Esmaeil Mehrabi), coetaneo tassista-veterano dallo sguardo gentile e il baffo importante: lo segue impulsivamente alla stazione dei taxi dove lavora e insiste perché la riaccompagni a casa, invitandolo sfacciatamente a trascorrere una serata rubata con lei.
Nota a margine: il film di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha (che a Berlino nel 2021 avevano presentato l’applaudito “Ballad of a White Cow”) ha come titolo internazionale “My Favourite Cake”, tradotto letteralmente in francese “Mon gâteau préféré”, perché la torta ha un significato importante nel film. Ma perché in italiano diventa “Il mio giardino persiano”?
Al cinema!
Tra le righe 27.03.2025, 14:00
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