Ora in programmazione in alcune sale della Svizzera italiana Lee Miller, una delle migliori interpretazioni di Kate Winslet, sulla vita di una delle più importanti reporter di guerra di sempre.
Lee Miller nacque il 23 aprile 1907. La sua vita è stata caratterizzata dall’impossibilità di impedire alla Storia - quella bella, quella brutta - di entrarle dentro, e dalla lotta per elaborarla e raccontarla. A 7 anni subisce uno stupro, e benché nel film si sia optato per raccontare che fu un amico di famiglia, non è chiaro se sia stato lui o un parente molto più vicino. Fu il padre a iniziarla alla fotografia, sia come modella (la ritraeva anche nuda) sia come sguardo, come fotografa. Ma questo era solo il principio.
È il 1926, Lee Miller sta attraversando la strada a Manhattan, un’auto sta per investirla; non ci riesce perché un passante le salva la vita. Il passante è Condé Nast.
L’editore di Vanity Fair e Vogue rimane colpito da lei, non solo dalla sua fisicità ma anche dalla personalità, dalla conoscenza del francese, dallo stile. Diventa modella così, a 19 anni.
In realtà la sua carriera sarà breve, anche se conquisterà copertine e fama: finirà a causa di una sua foto scelta per una pubblicità di assorbenti. Sono gli anni Venti, la cosa costituisce uno scandalo, le azzoppa il percorso come oggetto fotografico. Ma è l’inizio di quello come soggetto. Non più la guardata, ma lo sguardo.
Nel 1929 va a Parigi per un apprendistato da Man Ray. Lui diventa il suo primo marito. A oggi non è chiaro quali foto di Man Ray siano in realtà di Lee Miller; in ogni caso la avvicina al surrealismo, e alcune modalità, come quella di inquadrare il soggetto utilizzando porte, finestre e simili le rimarrà anche nella carriera di reporter di guerra. In questa fase conoscerà Picasso, Paul Éluard.
Il suo secondo matrimonio sarà breve, con Aziz Bey, uomo d’affari egiziano. Vivrà per un certo periodo al Cairo e scatterà alcune delle foto surrealiste più famose. Poi, finirà anche con lui.
È qui che inizia il film, dall’incontro con il suo ultimo marito, il più duraturo rapporto di Lee Miller, Roland Penrose, qui interpretato dallo svedese Alexander Skarsgård (True Blood, Melancholia).
La coppia è a Londra quando la città viene bombardata. Roland viene richiamato alle armi, Lee Miller invece lavora come fotografa per Vogue UK. Non vogliono mandarla al fronte come reporter di guerra e lei trova uno stratagemma: è americana, sfrutta la sua cittadinanza e, a dispetto delle proteste di tutti quelli che ha attorno, parte.
Nel film la vediamo travestirsi da uomo per partecipare a una conferenza stampa in cui le donne sono escluse. La vediamo spingersi oltre rispetto a qualunque collega maschio per una fotografia.
Lee Miller documentò il primo utilizzo del napalm durante l’assedio di Saint-Malo, la liberazione di Parigi, la battaglia dell’Alsazia, l’incontro tra esercito Usa e Armata Rossa a Torgau, la conquista del Berghof nell’Obersalzberg. Dobbiamo a lei, infine e soprattutto, la prima testimonianza fotografica dell’orrore dei campi di concentramento nazisti. Erano quelli di Buchenwald e Dachau.
Naturalmente, essendo la prima ed essendo donna, dovette scontare l’incredulità della sua stessa redazione: Vogue non pubblicò subito le foto, con sua grande delusione e scorno. Lo farà in seguito, dopo che ne sarà certificata l’autenticità. Il mondo non voleva sapere, ma Lee Miller sì. È questa l’indole che, assieme a sguardo, talento, coraggio e metodo, la rese una delle reporter di guerra più importanti della storia dell’umanità.
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Tra le righe 13.03.2025, 14:00
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Il film regge sulla bravura di Kate Winslet, che rappresenta ottimamente questa donna in due momenti della vita: da grande, a settant’anni, e da giovane. Il confronto tra le due versioni di lei ricorda l’éscamotage usato in Titanic, sempre con Kate Winslet; lì, negli anni Novanta del Novecento, si raccontava la Belle Époque tramite uno dei suoi simboli, la grande nave dei ricchi, che ballano di ottimismo e il cui slancio incontra l’iceberg. Ora, negli anni Venti del Duemila, si racconta l’ascesa del nazismo e la guerra. Kate Winslet sembra sempre volerci mettere in guardia da qualcosa, quando lascia che la invecchino sullo schermo. La saggezza della Rose di Titanic ci ricordava di diffidare di epoche economicamente fiorenti: poi, infatti, è arrivata la crisi dei mutui subprime; quella di Lee Miller ci parla dei pericoli del nazismo e della guerra in genere. Speriamo che il mondo ascolti il cinema, stavolta.
La bellezza del film è dovuta anche alla complessità del personaggio, che da uno stupro subito a 7 anni e una vita in prima linea come reporter della Seconda Guerra Mondiale non poteva non essersi procurata una severa sindrome da stress post-traumatico; la protagonista se lo auto-cura malamente, con alcol e sigarette. Nel film non c’è, ma di certo non l’aiutarono la lunga relazione extra-coniugale del marito con una trapezista, e il governo britannico, che pensò d’indagarla tacciandola di essere una spia dell’Unione Sovietica.
Lee Miller morì di cancro nel 1977, a 70 anni. Non si vantò mai della sua attività di reporter di guerra di altissimo livello, guardare nell’abisso la traumatizzò. Fu il figlio Antony a trovare, dopo la sua morte, le sue foto e a volerle amorevolmente condividere col giusto peso. Ora, anche grazie a lui, il mondo conosce una delle sue più sensibili, pervicaci e talentuose testimoni, Lee Miller.
Ci volle una guerra per far apprezzare lo sguardo di questa donna e perché gli uomini la smettessero di soffermarsi sul loro su di lei. Ma fu lei a prendere tutto il mondo per mano, a portarlo dove non poteva ignorare di guardare.
«Voglio che sia vero, ma voglio che sia buono.»
«Preoccupati della parte vera. Poi lo rendi buono.»
(Citazione dal film: un’idea di giornalismo.)
Letture consigliate sulla vita di Lee Miller: La Vasca del Führer (2020) di Serena Dandini.
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Tra le righe 27.03.2025, 14:00
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