Cinema

La corazzata Potëmkin è una rivoluzione pazzesca

Il film che ha cambiato tutto compie cent’anni: era il 1925 e Sergej Ėjzenštejn scrisse la prima pagina di una nuova storia del cinema

  • 8 aprile, 08:09
  • 8 aprile, 11:34
La corazzata Potëmkin

Una scena del film "La corazzata Potëmkin"

  • Imago/Ronald Grant
Di: Alessandro De Bon 

Carne coi vermi. Inizia così la storia del film che un secolo fa preciso, nel 1925, cambiò per sempre il cinema. Un film enorme, un architrave del pensiero cinematografico e il germoglio di tutto quello che sarebbe venuto dopo, in 4:3 o 16:9. E che in Italia — buffo Paese — cinquant’anni dopo sarebbe rotolato tra le pagine della parodia e del grottesco grazie a un’altra irresistibile ribellione, quella del ragionier Ugo Fantozzi contro le visioni plurime dei 18 rulli del film imposte agli impiegati dal professor Guidobaldo Maria Riccardelli: «La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!». Ma non erano 18 rulli, non era la Kotiomkin (di cui la produzione de Il secondo tragico Fantozzi non ottenne i diritti per citarla correttamente) e soprattutto non era una cagata pazzesca. Erano i 75’ de La corazzata Potëmkin, un’ora e un quarto che avrebbe riscritto il cinema. Non tanto le parole, che rimanevano quelle dei fratelli Lumière, della fotografia o del teatro, bensì la grammatica, la sintassi, l’analisi logica. Il linguaggio.

Ma perché carne marcia? Perché la storia del film di quello parlava: marinai che rifiutarono un pasto di carne avariata, ammutinandosi. Era il 1905 e sulla corazzata Potëmkin-Tavričeskij, al largo dell’isola di Tendra, l’equipaggio si ribellò al menù dell’ufficiale Giliarovskij, lo ammazzarono insieme ad altri sei superiori e tornarono a Odessa issando bandiera rossa. Per i rivoltosi di lì a poco non finì benissimo tra forca e fucilazioni, ma vent’anni dopo, a Rivoluzione compiuta, il loro gesto e il loro coraggio furono scolpiti nella memoria popolare da un film: La corazzata Potëmkin, di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. In film in realtà doveva essere molto di più, avvicinandosi davvero ai diciotto rulli di fantozziano sbeffeggio. Quello dedicato alla Potëmkin infatti doveva essere soltanto uno degli otto capitoli dedicati alla celebrazione della Rivolta del 1905. Il soggetto mastodontico della sceneggiatrice rivoluzionaria Nina Agadžanova-Šutko però, fu affidato al ventisettenne Ėjzenštejn per il freschissimo successo del suo primo lungometraggio (Sciopero!, 1924); e lui, forte del suo sapere, convinse presto tutti quanti che a fronte di quella mole immane di pagine, e del poco tempo a disposizione per tradurle in immagini entro le celebrazioni, di episodio ne sarebbe bastato uno, quello. E che lo avrebbe girato a Odessa.

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Sergej Ėjzenštejn

Uomini e vermi, Dramma sul ponte, Il morto chiama, La scalinata di Odessa, Una contro tutte. Cinque atti, come la tragedia classica. Un film epico, capace di ribaltare la gerarchia tra storie e Storia e diventare rivoluzione. La corazzata Potëmkin è il film con cui nasce il cinema rivoluzionario, politicamente e artisticamente. Un cinema che non descrive più fatti e personaggi, bensì li commenta. Non racconta l’accaduto, lo analizza. Con Ėjzenštejn il cinema diventa un discorso politico, si accolla una funzione, indica una direzione e segna una traccia da seguire. Di nuovo sia politicamente, sia cinematograficamente. Politicamente, in Unione Sovietica, è quella di ribellarsi all’oppressore. Cinematograficamente, nel mondo, è quella di affidarsi al montaggio. Con La corazzata Potëmkin e Sciopero! il regista russo rivolta e riscrive la lingua del cinema, il montaggio per l’appunto, che — per dirla alla Kubrick — «è il solo aspetto specifico dell’arte del film». Ciò con cui parla, racconta e dice. La rivoluzione? Immaginare e trattare le immagini non più come parole, ma come discorso. Capire che il significato non vive nelle singole inquadrature, ma nel come le si mette insieme. Che mostrando uno scontro tra scioperanti e polizia alternandolo alle immagini del macello di una vacca (Sciopero!), agli occhi del pubblico gli operai diventeranno carne da macello e le forze dell’ordine macellai. Che mostrando un plotone di marinai senza volto avanzare lungo una scalinata aprendo il fuoco su qualsiasi cosa si muova, siano donne, bambini, invalidi o anziani (La corazzata Potëmkin), nel cuore di chi guarda le categoria dell’umano e del disumano prenderanno chiaramente parte. Fredda geometria e caldo andirivieni, divise bianche e volti colorati dal sangue, silenzio e urla, sincronia e caos, baionette e occhi. Intuendo e costruendo il montaggio intellettuale, dopo aver scolpito quello delle attrazioni, Ėjzenštejn affida al cinema il compito di comunicare idee; gli consegna l’ambizione di innescare il pensiero. Non più soltanto intrattenere, ma far pensare, costruire concetti attraverso la forma visiva. Una rivoluzione cinematografica che per potenza e risultati non sfigurava al fianco di quella politica, raccontata e vissuta da Ėjzenštejn. Il quale — buffo pure il mondo — pochi anni dopo non a caso fu invitato a Hollywood dalla Paramount con un contratto da 100 mila dollari per girare La guerra dei mondi. Come andò a finire? Che il film lo girò un altro e il russo migrò in Messico. 

I vermi, l’occhio della madre, la scalinata di Odessa, la carrozzina, “i cosacchi”… in cent’anni di vita La corazzata Potëmkin è diventato un’ensemble di meme antesignani per nerd cinefili. E il motivo è sempre quello: la potenza della sua rivoluzione. Nel cinema, di qua o di là dell’oceano, l’hanno capita e imparata tutti, facendo della lezione di Ėjzenštejn la propria grammatica. Tanto che sessant’anni più tardi è possibile ritrovarsi sulla scalinata di Odessa nel mezzo di un gangster movie hollywoodiano. A disegnarla, con uno degli omaggi più belli e riusciti di sempre, è stato Brian De Palma in Gli Intoccabili (quello di: «Ma vattene, non sei niente, sei solo chiacchiere e distintivo»), riuscendo a far salire e scendere dai gradini della Union Station di Chicago, tra carrozzine e marinai (!), dieci minuti di pathos, suspence, violenza e azione.
Cinefilia per pochi? Mh, mica tanto… Questa rivoluzione russa ha riguardato chiunque, l’audiovisivo in genere, sforando e sfondando dalla propaganda al marketing e tracciando le linee guida della comunicazione nella società delle immagini, dove tutto è significato, palese o subliminale. Uomini e vermi.

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  • Keystone
  • Mario Fabio

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