“Combattere il sionismo cristiano”: con questo titolo la Chiesa presbiteriana USA (PCUSA) sta promuovendo una serie di incontri online con la partecipazione di esponenti cristiani ed ebrei, statunitensi e mediorientali. Il primo si è svolto lo scorso 18 aprile, il prossimo è in agenda il 23 maggio, e ne seguiranno altri.
La PCUSA ha condannato senza mezzi termini la strage di Hamas dello scorso 7 ottobre, ed è stata tra le prime a chiedere un cessate il fuoco nella guerra su Gaza e la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas.
Storicamente, sin dal dopo guerra, i presbiteriani americani hanno sempre sostenuto il diritto di Israele ad esistere come Stato sovrano, ma anche il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e hanno sempre visto la soluzione dei due Stati come unica possibilità per una pace duratura.
Di fronte alla guerra tra Israele e Hamas, partendo dall’atto assembleare adottato 20 anni fa che approvò “l’opposizione attiva al sionismo cristiano”, la PCUSA ha ritenuto necessario tornare a sfidare le teologie che sostengono l’occupazione e l’apartheid e che contribuiscono alla violenza che i palestinesi sperimentano quotidianamente anche attraverso un progetto coloniale ben preciso, senza dimenticare la componente cristiana che ivi vive da due millenni, quella componente con cui Luciano Kovacs, da 5 anni responsabile dell’Opera missionaria della PCUSA per le regioni dell’Europa del sud e del Medioriente, intrattiene stretti rapporti. Abbiamo voluto chiedere a lui di spiegarci cos’è il sionismo cristiano. Dal suo particolare punto di osservazione spazia dalle realtà statunitensi a quelle israeliane e palestinesi, convinto che il sionismo cristiano sia un’ideologia politico-teologica suprematista ed antiebraica, complice una lettura fondamentalista e premillenarista della Bibbia. E intanto ci riferisce del sentimento di abbandono delle chiese mediorientali da parte dei cristiani nel mondo.