Filosofia e Religioni

L’arte come cura

Un viaggio nello sviluppo della creatività tra i malati psichici

  • 10 gennaio, 08:22
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  • Keystone
Di: Red. 

L’arte come cura dello spirito e anche del corpo. L’arte come cura da malattie psichiche importanti e insieme terapia per superare quelle fisiche. Sempre di più in Svizzera e nel mondo si evidenzia il valore dell’arte nella cura. Ne ha parlato recentemente “Spirito dei tempi”, il settimanale protestante della RSI a cura di Lucia Cuocci.

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L’arte come cura

Segni dei tempi 16.12.2023, 12:05

Un filo, in questo senso, lega New York a Basilea. A New York c’è il Living Museum Wil, un accogliente spazio d’incontro e di creazione per persone con aggravi psichici. A Basilea il Rehab Basel, una clinica altamente specializzata in neuroriabilitazione e paraplegiologia, la cui arte architettonica è studiata per facilitare le terapie.

Ogni giorno sono circa 150 le persone che, con prescrizione medica, utilizzano il Living di New York: vanno e vengono per creare arte. Spiega Rose Ehemann, responsabile Ateliers del Living: “Il posto è speciale perché persone incredibilmente talentuose e creative vengono qui per esporsi e far uscire all’esterno il loro mondo interiore psichico”. E ancora: “Si parte dal presupposto che persone che hanno avuto esperienze psicologiche estreme siano particolarmente dotate per creare arte. Qui incontrano una comunità di cura. Le persone qui presenti si pendono cura l’una dell’altra”.

Il Living è inserito nell’istituto generale di psichiatria di San Gallo. “Le persone che vengono da noi – continua Ehemann – solitamente sono in cura nei reparti, sono dei pazienti veri e propri. Rispetto all’arte-terapia convenzionale, le persone sono libere di seguire i propri interessi, di realizzare propri progetti. Nei metodi tradizionali di solito si inizia insieme e si lavora psicoterapeuticamente attraverso le immagini. Per noi si tratta piuttosto di permettere loro di lavorare a un cambiamento di identità che li allontani dall’auto stigma di essere malati di mente e li porti a essere dei veri artisti”.

Christoph Brack, a seguito del prolasso del disco, ha dovuto rinunciare a fare sport ed è caduto in depressione. Ha avuto un crollo importante che lo ha obbligato al ricovero. Al Living dipinge. Direbbe che l’arte può guarire? Risponde: “Sicuramente sì. Con l’arte ho imparato che i miei pensieri interiori nonostante tutto sono molto importanti e creativi. Ho imparato che anche gli errori sono positivi”.

Per alcune persone l’arte è un calmante. Per altri aiuta invece ad attivare i sensi, fa sentire vivi. Per altri ancora è una terapia del dolore, tanto che in alcuni Paesi l’arte è addiruttura usata come una prescrizione medica. Dice Ehemann: “Qui ci sono persone che dovranno convivere con la loro malattia tutta la vita. Si tratta di qualcosa di non prevedibile. Altri, invece, attraverso l’arte guariscono. Una volta c’è stata qui una donna che ha assistito al genocidio di Srebrenica. Arrivò in uno stato mentale terribile. All’improvviso è esplosa. Ha iniziato a mettere colori sulla tela e ha fatto quattro dipinti ogni mezza giornata. Era come se dovesse gridare il suo dolore. I primi quadri erano terribili, oscuri, con scene di violenza. Poi col tempo diversi elementi folkloristici entravano nella pittura. È diventata sempre più allegra fino a liberarsi. È guarita grazie a questo istituto”.

Quando ha Basilea hanno progettato il Rehab Basel, l’edificio non doveva in nessun modo sembrare un ospedale. Tant’è che, ancora oggi, la struttura è piena di luce. Non solo, nella struttura non ci sono gli odori tipici dell’ospedale, non ci sono nemmeno cartelli che lo ricordano. Non ci sono corridoi, fili di porte, frecce a indicare la strada. Al Rehab Basel le prime cose che si vedono sono i cortili ricchi di piante e natura. La betulla indica la strada per la terapia. Aperture e aria aperta sono un valore aggiunto. Fattori che insieme riducono valori di stress.

Spiega Tanja C. Vollmer, psicologa dell’architettura, spiega: “Se si riduce lo stress, o si fa in modo che non si manifesti, i pazienti hanno significativamente meno nausea durante alcune terapie, il dolore si riduce in modo misurabile, le terapie vengono accettate con meno ansia. In altre parole le stesse terapie vengono eseguite e non rifiutate”.

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