Post teisti, così alcuni teologi provano a ripensare il cristianesimo

Dopo diverso tempo nell’ombra, alcuni studiosi provano a portare un nuovo paradigma religioso - Il caso dell’ultimo libro di José Arregi, “L’infinito prima di Dio”, come liberare il mistero divino dalle immagini umane

  • 3 ore fa
Di: Paolo Rodari 
Indice

Sono stati per diverso tempo nell’ombra, impauriti probabilmente da un ex Sant’Uffizio – la Congregazione vaticana per la dottrina della fede – che ancora nei pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI dispensava con una certa frequenza censure ai teologi non allineati. Da qualche anno, tuttavia, hanno il coraggio di uscire allo scoperto (c’è chi lo faceva anche prima, ma non tutti) per provare a dire della necessità di un nuovo cristianesimo. Li chiamano “post teisti” o “trans teisti” ma, al di là delle etichette, altro non sono che studiosi e teologi che riconoscono (e mettono in pagina) il fatto che la visione che le Chiese - e più in generale il cristianesimo del paradigma premoderno - propongono da secoli, ha fatto il suo tempo.

20:40

Dibattito Alphaville sul post teismo

RSI Cultura 04.11.2024, 14:45

Primo Capitolo

Oltre l’antica cosmologia

Come Simone Weil che auspicava la totale libertà dell’intelligenza dal dogma, questi teologi preferiscono guardare oltre. Al di là del Dio teistico che suppone l’antica cosmologia, del Dio che sta nei cieli e che dall’alto interviene a piacimento nella vita degli uomini, oltre quel Dio che ancora oggi la Chiesa cattolica chiede ai suoi fedeli di seguire e pregare. Oltre, insomma, un Dio che siffatto, dicono, non esiste. O comunque di cui nulla di certo si può dire. Gesù stesso, continuano, non si è mai proclamato Dio in senso ontologico, come il cristianesimo dal Concilio di Nicea in poi ha invece preteso di sancire in dogma. «Preferisco – scrive non a caso uno di loro, Bruno Mori, teologo recentemente scomparso – essere un credente che ammette di non aver alcun controllo su Dio, piuttosto che qualcuno che crede di poterlo imprigionare nella rigidità del dogma e nella magia del rito».

Capitolo Secondo

L’infinito prima di Dio

L’ultimo lavoro di questa corrente che comunque nel cristianesimo è sempre esistita seppure spesso bistrattata e marginalizzata – non era forse a suo modo un post teista già Clemente Romano che alla fine del I secolo sosteneva che Dio per i cristiani è una parola insufficiente, è una parola ambigua? – porta la firma di José Arregi, ex sacerdote ed ex francescano minore che per Gabrielli Editore ha dato alle stampe un libro da titolo “L’infinito prima di Dio”, con sottotitolo “In transizione: liberare il mistero divino dalle immagini umane”. «È sotto gli occhi di tutti – scrive Paolo Squizzato in una intensa prefazione – come il Dio della religione, della pietà popolare, sorto dall’humus di una millenaria ignoranza, stia scomparendo dall’orizzonte del nostro tessuto sociale». Sicché il cristianesimo, è questa una delle tesi di fondo di Arregi, o si trasformerà profondamente o scomparirà riducendosi a un resto marginale e insignificante.

Capitolo Terzo

I protagonisti

Arregi – ma insieme a lui in tempi recenti si possono citare il teologo riformato Jürgen Moltmann che affermava che si è atei di un Dio impossibile da credere, il Dio dell’Istituzione, e ancora il vescovo episcopaliano John Shelby Spong, il gesuita Roger Lenaers, José María Vigil, Juan Luis Herrero Del Pozo, Carmen Magallón, Mary Judith Ress, Paolo Gamberini, Santiago Villamayor, Michael Morwood, Paul F. Knitter, Roger Haight, Eugen Drewermann, Ortensio da Spinetoli – si domanda come sia possibile, arrivati al declino delle religioni tradizionali, e in particolare al declino del cristianesimo tradizionale, riconoscere una nuova spiritualità esistente prima di ogni declinazione religiosa. Una spiritualità che accomuna ogni uomo e che può aiutare a scegliere la strada giusta innanzi al bivio fra la vita in comune e il collasso comune. «Nessun cambiamento sarà possibile – dice – se non passiamo dall’Ente supremo metafisico causa di sé e del mondo al Dio Tutto in tutti». Come scrisse Karl Popper: «È giunto il momento di togliere gli occhiali, anziché passare il tempo a pulire le lenti».

Capitolo Quarto

Un nuovo paradigma

La strada per Arregi è segnata, passare da dio a Dio, dall’Ente supremo metafisico causa di sé e del mondo al Dio tutto in tutto. Si tratta, scrive di reinventare «una nuova cristologia al di là della divinità metafisica dualistica, al di là dell’incarnazione unica e compiuta, al di là dell’idea dell’uomo Gesù perfetto». E ancora: «Finché non respireremo il Soffio mistico che abita le Upanishad indiane e la filosofia presocratica, che pulsa nelle figure simboliche della Bibbia di Giacobbe, Mosé, Elia…, che palpita in Gesù al di là della sua immagine di Dio, e nelle maestre e nei maestri mistici della tradizione ebraica, cristiana e musulmana, nel santo e saggio martire Bonhoeffer…, e finché non riusciremo a esprimere questo Soffio mistico transteista in linea con l’attuale cosmovisione olistica». Lo scopo è chiaro, realizzare un superamento della dualità Dio-mondo e di tutte le altre dualità ad essa collegate… finché «non potremo continuare ad adorare il Reale fontale in tutto, “pregando” il mondo e lasciandoci pregare da tutti gli esseri, dalla loro Realtà fontale, in una nuova liturgia al di là di ogni distinzione tra sacro e profano».

Non è di ardua comprensione la visione di Arregi. Si tratta semplicemente di un cambio di paradigma, per un cristianesimo al cui centro c’è un nuovo Dio, «che non è trascendente né chiamato ad agire, ma è inteso come l’incessante creatività dell’universo».

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