Il riacutizzarsi del conflitto siriano degli ultimi giorni, ha riportato alla luce una guerra civile mai conclusa con la vittoria, per ora, delle milizie Jihadiste e con la fuga di Bashar Assad a Mosca.
Prima di questa escalation, l’ultima battaglia che aveva acceso l’attenzione internazionale nell’area, era stata quella contro lo Stato Islamico, che tre anni dopo le prime proteste delle opposizioni al regime di Assad del 2011, era riuscito a farsi strada in un vasto territorio fra Siria e Iraq, designando Raqqa come sua capitale, e autoproclamandosi “califfato”.
In quel periodo, fra il 2014 e il 2019, nei territori controllati da Isis, il progresso era stato bandito, le punizioni per chi non rispettava le leggi si eseguivano pubblicamente in piazza e le minoranze, cristiani e yazidi, erano diventate vittime di espulsioni di massa, uccisioni brutali, rapimenti.
Dalla fine di quella guerra, nella Siria Autonoma del Nord Est, era partito un lento processo di ricostruzione, basato su un contratto sociale, che per la prima volta aveva messo nero su bianco l’uguaglianza e il riconoscimento reciproco di popoli di etnie e fedi diverse.
In attesa di capire cosa riserva il futuro siamo andati a vedere come vivono i cristiani in Siria e Iraq: dall’inizio della guerra civile siriana nel 2011, e poi con la proclamazione del califfato di Daesh nel 2014, siriaci ortodossi, maroniti, evangelici, hanno abbandonato in massa i due paesi. Oggi nella Siria autonoma del nord est si calcola che ne siano rimasti non più di 40 mila, mentre in Iraq, fra la capitale del Kurdistan iracheno Erbil, la piana di Ninive, Kirkuk e Baghdad circa 300 mila, quando vent’anni fa erano circa un milione e mezzo, pari al 6% della popolazione.
Ci siamo, poi, spostati nella zona rurale di Amuda dove, oggi, vive una nutrita comunità di yazidi, alcuni originari della Siria del Nord, altri fuggiti dalla zona di Sinjar, nel nord dell’Iraq, e scampati al genocidio commesso dallo Stato islamico e riconosciuto dalle Nazioni Unite nel 2021. Gli yazidi sono parte del mondo curdo ma con una propria religione che mescola l’islam sufi con elementi dello zoroastrismo. Accusati di blasfemia e apostasia, anche dai miliziani dell’Isis, hanno subìto esecuzioni di massa e deportazioni. Si calcola che quasi settemila fra donne e bambini siano stati rapiti, venduti e ridotti in schiavitù. Di molti di loro si sono perse le tracce.