Letteratura

Danilo Dolci: il Gandhi italiano

Il potere della parola di un poeta dell’azione e della nonviolenza. Un ricordo nel centenario della nascita

  • 6 luglio, 08:06
  • 6 luglio, 11:58
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Danilo Dolci, al centro con pullover bianco e occhiali, durante la marcia della protesta e della speranza per la pace e per lo sviluppo socio-economico della Sicilia occidentale, 1967

Di: Red
La massa impasta, gravita, appiccica, lievita, ma non comunica… Costipare gente da schiere di banchi nelle scuole a schiere di banchi di lavoro più o meno forzato; non favorire gli incontri e i rapporti tendenti a scoprire com’è possibile crescere insieme: così s’impasta la massa. Ovunque s’impasta gente che non fermenta e non cresce. Una società viva è ben altro che massa. [Danilo Dolci]

Figura fondamentale del Novecento non solo per il Meridione italiano. Poeta, educatore, sociologo, sindacalista, attivista, architetto, intellettuale, Danilo Dolci fu tutto questo ma fu soprattutto uomo di pace, intellettuale della nonviolenza.
Dopo la maturità artistica a Brera e la laurea in architettura a Roma, all’inizio degli anni ‘50 lascia il suo paese, Sesana (Trieste), oggi Slovenia, e percorre l’Italia fino all’estremo sud. Arriva in Sicilia, a Trappeto, dove rimarrà fino alla morte, il 30 dicembre 1997.
Trappeto è un borgo di pescatori della provincia palermitana con una mortalità infantile altissima. Vi fonda il Borgo di Dio, un centro di accoglienza per i bambini poveri, che nell’immediato dopoguerra diviene un importante centro per lo sviluppo di comunità. Un luogo abbandonato per alcuni anni, ora tornato attivo come centro di risveglio culturale e artistico. Oggi vi si promuove uno sviluppo economico che passi per il rispetto del territorio e della storia collettiva.

Non dimentichiamo come è cominciata la vicenda di Danilo. Il caso determinante della sua vita è stato l’incontro con un bambino morto di fame. Quando nell’estate del 1952 Danilo ebbe visto morire di fame il figlioletto di Mimma e Giustina Barretta, allora egli si accorse di trovarsi “in un mondo di condannati morte”; e gli apparve chiara l’idea che questo mondo non si redime con la violenza, ma col sacrificio. Fu allora che disse: «su questo stesso letto dove questa creatura innocente è morta di fame, io, che potrei non essere povero, mi lascerò morire di fame come lui, per portare una testimonianza, per dare con la mia morte un esempio, se le autorità non si decideranno a provvedere». E dopo una settimana di digiuno, che già aveva ridotto Danilo in fin di vita, le autorità finalmente intervennero, non per pietà, ma per liberarsi dalla responsabilità di lasciarlo morire; essi decisero di offrire subito le prime somme occorrenti per pagare i debiti dei pescatori e dei braccianti del luogo e, e per iniziare i lavori di sistemazione delle strade e delle acque. Poi nuovamente si fermarono: ma soltanto così Danilo era riuscito a svegliare il torpore burocratico dei padroni. [Piero Calamandrei su Danilo Dolci]

Con Pino Lombardo e Franco Alasia, Danilo Dolci fu più tardi promotore di un’altra iniziativa nonviolenta particolarmente clamorosa: l’apertura della prima radio italiana a infrangere il monopolio radiofonico della RAI. Radio Partinico Libera iniziò le sue trasmissioni il 25 marzo 1970 per lanciare un appello disperato, a più di due anni dal terremoto nella Sicilia occidentale: «si marcisce di chiacchiere e di ingiustizie, la Sicilia muore».

La sua denuncia e il suo coraggio nella lotta contro la mafia e al potere politico colluso incontrano presto il sostegno di intellettuali come Norberto Bobbio, Moravia, Erich Fromm, Jean-Paul Sartre. E proprio per questa sua attitudine verso il prossimo viene soprannominato il Gandhi della Sicilia, vince il Premio Lenin per la pace nel 1957 e viene candidato sette volte al Nobel.

A cent’anni dalla sua nascita (Sesana, 28 giugno 1924 ) la sua opera di scrittore e attivista viene omaggiata con un volume. Si intitola Danilo Dolci, Una rivoluzione non violenta ed è uscito per le Edizioni Altreconomia, per la cura di Giuseppe Barone, intervistato per Alphaville da Marco Pagani. Giuseppe Barone che così lo ricorda: «Danilo Dolci è stato uno dei poeti e degli scrittori più rilevanti del Novecento italiano e le sue opere sono state pubblicate da Einaudi, da Laterza e da Feltrinelli e da altri editori. [...] I suoi versi vengono spessissimo citati».
Tra i più citati di sicuro il titolo della sua poesia più famosa, sul fondamentale ruolo dell’insegnamento, che ci ricorda che per pensare al nostro futuro abbiamo bisogno di essere immaginati dagli altri. Un verso dove, in poche parole, vive forte tra noi ancor oggi, nel centenario della nascita, il pensiero pacifista del Gandhi d’Italia.

Ciascuno cresce solo se sognato
[Danilo Dolci, Poema umano, Einaudi, 1974]

Danilo Dolci

Alphaville 03.07.2024, 11:30

  • altreconomia.it

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