Musica Spirituale

Aimé Duval, il chitarrista di Dio

A quarant’anni dalla morte, la figura di Aimé Duval, il gesuita che ha saputo unire la fede e la musica, continua ad essere d’ispirazione

  • 31 dicembre 2024, 11:23
  • 31 dicembre 2024, 11:35
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Di: Red.  

Aimé Duval (Le Val-d’Ajol, 1918 - Metz, 1984), prete gesuita e cantautore francese, anche chiamato “il chitarrista di Dio”, è stato una personalità unica nel suo genere. L’unione del percorso spirituale con l’attività di musicista gli hanno permesso di elaborare un nuovo tipo di canzone popolare di ispirazione religiosa, caratterizzata da una religiosità che viene dal basso, vicina alla gente comune e alle persone sole.

Negli anni ‘50 del Novecento, le canzoni di Duval iniziano a circolare per tutta Europa e nel mondo, portandogli una certa notorietà che culminerà con la pubblicazione del suo primo LP nel 1956, con cui raggiunse il traguardo di 45’000 copie vendute in sole tre settimane. Sei anni più tardi, tra 1961 e il 1962, Duval arriva al milione di dischi venduti e diventa il primo sacerdote autorizzato a cantare oltre la cortina di ferro.

Al di là del successo europeo e mondiale, Aimé Duval ha sofferto di una dipendenza piuttosto devastante dall’alcolismo, dipendenza che lo porterà anche a cercare di togliersi la vita. All’interno della sua autobiografia, Il bambino che giocava con la luna (San Paolo Editore, 2004), Duval parla in modo molto approfondito di questo capitolo buio della sua vita, le cui cause sono, come sempre, da individuare in più fattori.

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In primis, sicuramente, c’è un profondo senso di solitudine con cui iniziò a fare i conti sin da bambino: «La solitudine l’ho conosciuta tra i quattro e i dodici anni. Unico tra i miei otto fratelli e sorelle, andavo a scuola percorrendo una vecchia strada romana. Un’ora di solitudine per andare a scuola, due ore di solitudine alle 12:00, per consumare il pane e cioccolato nell’aula disertata dai miei compagni e un’ora per tornare la sera a casa», scrive Aimé Duval nella sua autobiografia. Una solitudine che lo accompagnerà nelle notti dopo i concerti, dove l’unica compagnia sarà quella della bottiglia. In merito all’alcolismo, dirà esplicitamente: «Quel che mi ha fatto iniziare a bere sono stati i soldi, gli arroganti, il mio disadattamento congenito di fronte alla sporcizia del mondo. Volevo salvare il mondo e mi sono ritrovato alcolizzato. Un sentimento molto forte che mi ha portato a bere fu la tenerezza per la gente comune. Non potevo abituarmi alla miseria degli altri, alla malattia degli altri, all’umiliazione degli altri, alla povertà, alla solitudine degli altri».

La sua carriera artistica ha inizio nei bistrot dove percepì che la gente aveva il bisogno di sentire parlare di Gesù Cristo. Le sue canzoni riflettono il contesto storico nel quale visse e operò. I suoi personaggi appartengono di fatto alla classe operaia delle banlieue, delle grandi città industriali della Francia e del Belgio. La sua fonte di ispirazione sono proprio i volti della gente comune, dei poveri, dei lavoratori, di coloro che sperimentano una vita carica di precarietà, di povertà, di fatica, di difficoltà. Apparentemente, dunque, i suoi soggetti sono più terreni che religiosi. Canta così l’amore coniugale, il dolore della morte, il dramma dell’uomo senza lavoro, la partenza per la guerra, il pianto delle madri. Però poi troviamo anche in alcune canzoni passi o echi evangelici, con citazioni e riferimenti puntuali tratti dalle Sacre Scritture. Quella di Aimé Duval è dunque una ricerca senza fine che prende avvio dall’uomo, dalle sue fragilità e dalle sue domande.

Emerge in modo molto chiaro, nella discografia di Duval, il tema del rapporto tra uomo e Dio. Un rapporto estremamente dialettico, in un tensione sempre d’amore. Il gesuita e cantautore si domanda da dove provengano le sofferenze che tediano l’umanità e ciò si trasforma nel dubbio esistenziale che si manifesta con la discesa negli abissi dell’anima. Affiora sempre, nelle canzoni, un barlume di luce che infonde speranza nel fedele: la fede di Aimé Duval è tenebre e luce, abisso e speranza, peccato e misericordia. Da una parte c’è l’uomo con il suo carico di fatica e dall’altra ci sono la ricerca e il desiderio di un Dio che ha il volto compassionevole di Gesù.

L’intera discografia del gesuita e cantautore francese rispecchia il suo personale cammino di fede, attuato attraverso il confronto sentimentale con l’altro. Una fede che parte dall’uomo e dalla sua condizione spesso ferita, e da un’attesa di un Dio capace di abbracciare e sanare le ferite mondane attraverso il dono della pace del cuore e dell’animo. Duval attraverso i suoi brani trasmette il desiderio di cercare e trovare Dio in tutte le cose, soprattutto in quelle più lontane, più labili, forse provando a sentire anche, paradossalmente, la sua presenza nella sua assenza, la sua vicinanza nella lontananza. La vita non è una via di perfezione, ma un cammino insieme agli altri fatto di dignità, onestà, compassione, misericordia e amore. Le canzoni di Duval consegnano questa eredità evangelica, un messaggio di profonda umanità, valido in tutti i tempi e in tutti i contesti.

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Aimé Duval

Musicalbox 25.12.2024, 17:00

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