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“Sxm” primo e unico album dei Sangue Misto

Un album iconico per una serie di ragioni: la tiratura limitata, il linguaggio e uno stile musicale unico, innovativo

  • 25 settembre, 08:24
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Di: Gian Luca Verga

Ci sono album epocali, dischi che interpretano e restituiscono un sentire comune; che lo fotografano.  Album che modificano un paradigma e che fungono da spartiacque: “Sxm” primo e unico album dei Sangue Misto è uno di questi. Non a caso la Warner Music Italia ha acquistato il master di “SxM” per una probabile riedizione celebrativa a 30 anni dalla sua pubblicazione. E in un momento di celebrazione dei 30 anni del rap nelle nostre lande è inevitabile tornare a parlare di un album iconico e seminale, pubblicato proprio 30 anni fa. Disco e collettivo che abbiamo avuto anche la fortuna, come Rete Tre, di invitare in un Teatro Foce di Lugano strabordante di giovani e di diffondere in diretta.   

Sulla mappa - 30 anni di RAP in Ticino

RSI Cultura 20.09.2024, 00:10

  • RSI

Dipaniamo il filo della memoria. Bologna di metà/fine anni ’70 è in fermento, in ebollizione. C’è l’università, c’è il Dams che raccoglie giovani provenienti da “Trieste in giù” e legittima la cultura popolare. È una sorta di laboratorio culturale, sociale e umano, e poi c’è Radio Alice. Al netto della canzone d’autore, che ha sempre avuto Bologna tra i suoi epicentri: Guccini e Claudio Lolli, Lucio Dalla e le osterie e chi arriverà successivamente, ovvero Carboni, Bersani, Cremonini. 

L’anima di Bologna è unica. All’epoca è la capitale dell’allora nuovo rock italiano: quello che è intriso di punk e new wave. Quello dei Gaznevada, dei Confusional Quartet, dei Luti Chroma e degli Skiantos di Freak Antoni; della Harpo’s bazaar e di Andrea Pazienza e Pier Vittorio Tondelli.

Questa l’aria che si respira tra tensioni, contestazioni studentesche e il difficile, complicato dialogo con il “sistema”.  Nel ‘77 la protesta e la relativa repressione toccano Bologna: la morte del militante Francesco Lorusso, la chiusura di Radio Alice, i carri armati in via Zamboni. Ma la città mantiene questa vitalità sociale, politica, artistica. Scorre nel suo Dna. E un decennio più tardi nel cuore della città nasce “L’Isola nel Kantiere”, un centro sociale occupato che nella sua breve vita passerà anche alla storia quale “il più avanzato laboratorio di sperimentazione dell’hip hop e del rap”. Avrà vita breve, fu sgombrato definitivamente nel 1991. Ma il contributo al nuovo linguaggio mutuato dagli States è fondamentale. Il rap e l’hip hop sono la voce delle lotte sociali, ne sono il megafono. Ed è proprio nei centri sociali che nascono le più significative esperienze dell’epoca. Da nord a sud. Oltre a Bologna troviamo l’Onda Rossa Posse, in seguito Assalti frontali, a Roma, “Forte Prenestino”, e la 99 Posse a Napoli, figlia del centro sociale “Officina 99”. Il loro rap è politicizzato, antagonista. Cito “Batti il tuo tempo” dell’Onda rossa Posse o la clamorosa “Stop al Panico” proprio dell’Isola Posse All Star.  Ma l’arcipelago italiano è vasto e variegato per coordinate geografiche, estetiche musicale e contenuti.  Collettivi, posse o singoli che si moltiplicano come funghi e ovunque, da Nord a Sud isole comprese. Alcune raccolte e album dell’epoca ne tratteggiano la diffusione, la forza espressiva e la provenienza. Conoscemmo così - oltre a chi gravitava attorno all’Isola, tra cui i futuri Sud Sound System - anche gli O.T.R, Frankie HI NRG, The Next Diffusion, Articolo 31, Fritz the cat, solo per citarne alcuni.  

In quegli anni l’Isola è frequentata da Treble, Speaker Dee Mò, Papa Ricky, Gopher D. a cui si aggiungono Neffa, Deda e DJ Gruff.  Ed appunto questi ultimi tre dopo aver preso parte anche al collettivo Isola posse al star. Questi ultimi tre, scioltasi la posse, pubblicano come Sangue Misto nel 1994 “SxM”, grazie all’etichetta bolognese Century Vox. Un album registrato negli studi di Lucio Dalla, un album come detto iconico per una serie di ragioni. La tiratura limitata, dunque la difficoltà di reperirlo, ma soprattutto per il linguaggio e una ricerca, uno stile musicale davvero unico, innovativo. Le rime sono affidate a Neffa e Deda. Neffa aveva maturato anche esperienze musicali in altri ambiti sonori. Ad esempio, percuoteva la batteria in alcuni gruppi hard core, i Negazione su tutti. DJ Gruff (dj, produttore, rapper e scratcher sopraffino) che si occupò della produzione, portò ad un altro livello l’utilizzo dei giradischi nell’economia delle partiture che suona come un vero strumento. Fu un’alchimia prodigiosa la loro, che produsse un album visionario e pionieristico, seminale per il futuro del rap tricolore. Cupo e oppressivo per lunghi tratti, come il basso e la nebbia dei “blunt” che si taglia con l’accetta. Lo stile è prossimo al rap dell’East Coast, le liriche sono intrise di slang e ci parlano della difficoltà dell’integrazione, di intolleranza, della necessità di avere un proprio spazio e una propria dimensione in cui esprimersi. E di sfiducia verso le istituzioni. Fosche come il clima che si stava vivendo (allora, come oggi), punteggiate da rime spesso magistrali e che hanno fatto scuola, come alcuni termini quali “ballotta”, “porra”, “chico” o “guaglione”.  E poi le basi e i campionamenti raffinati: da “Bitches brew” e “Fall” di Miles Davis ai Funkadelic, passando per la Mahavishnu Orchestra, i Led Zeppelin, Bill Withers oltre a pagine di DJ Gruff. Raffinato, visionario, “SxM” si muove tra hard core hip hop, funk, jazz, raggamuffin con sprizzate di psichedelia e così facendo “Clima di tensione”, “La porra”, “Lo straniero” o “Cani sciolti” scolpiscono la storia dell hip hop italiano. Quella che a distanza di decenni riverbera ancora, splendendo di luce propria.

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