La tromba di Paolo Fresu, la fisarmonica di Richard Galliano e il pianoforte di Jan Lundgren si intrecciano in un dialogo che trascende le differenze strumentali, creando un suono unico e affascinante e dando vita allo spettacolo Mare Nostrum, in scena al Palazzo dei Congressi di Lugano questa sera [26 aprile], dopo le altre tappe svizzere di Ginevra e Zurigo.
Ospite di Tra le righe, Paolo Fresu racconta di questo progetto, fresco di uscita del quarto album - intitolato, per l’appunto, IV . Un disco che, grazie ai suoi interpreti, ci porta in viaggio attraverso l’Europa, da nord verso sud. Fedele a questo spirito girovago, Mare Nostrum è da moltissimi anni in una sorta di tour permanente, con concerti che si intercalano alle attività dei singoli membri. «Un vero progetto democratico» spiega il musicista sardo, «in cui mettiamo insieme le nostre esperienze e le nostre personalità. Non solo attraverso la scrittura, perché è un progetto originale dove ognuno di noi porta la musica scritta, ma soprattutto attraverso il suono, che è condiviso».
Mare Nostrum
Musicalbox 23.04.2025, 16:35
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I decenni insieme sono due, e lasciano immaginare ci sia un segreto a reggere l’alchimia del trio: «Credo che sia anzitutto la passione per quello che facciamo. Il segreto è alzarsi la mattina ed essere felici di poter prendere in mano lo strumento, felici di poter pensare di musica, perché musica non è solamente suonare e comporre. Musica è un qualcosa che mette insieme tutte le nostre passioni, le nostre curiosità. E poi il segreto credo che sia soprattutto quello dell’ascolto reciproco, e quindi della condivisione e del rispetto. Perché fare musica è la prima palestra del rispetto delle persone. Io sono convintissimo che se ci fosse più attenzione all’ascolto, quindi più capacità di lasciare spazio agli altri, capacità di entrare nel momento giusto in un dialogo, probabilmente questo mondo così difficile che stiamo vivendo sarebbe certamente migliore». Questo perché la musica «si fa sempre assieme agli altri. Quando facciamo una nota, dobbiamo poi lasciare uno spazio affinché gli altri possano raccoglierla e farla lievitare. È la maniera migliore per sentirci importanti, e soprattutto per dare agli altri l’opportunità di partecipare al dialogo. Perché quando manca il dialogo, questo diventa un conflitto, ed è ciò che non vorremmo ancora».
Nel 2023 si esibì per celebrare i dieci anni di pontificato di Papa Francesco. Nel commentarne la morte, ritiene che, pur condividendo la decisione di annullare i concerti di Pasquetta, confermarli non sarebbe stato sgradito al pontefice: «Forse questo Papa avrebbe apprezzato il boato di suoni, perché quando parliamo di musica parliamo di bellezza, e penso che il suo sia stato un papato che ha edificato molte cose coraggiose di questo momento storico, e anche quel bisogno di bellezza attraverso i gesti, attraverso una tesa di mano, uno sguardo nei confronti dei bisognosi dei bambini, laddove la bellezza si esprime anche nei momenti più difficili. Da questo punto di vista, mi è parso che lui abbia sempre colto la bellezza nelle cose, e anche nell’arte. Perché l’arte è la rappresentazione di quello che siamo, la fotocopia del nostro essere». Proprio la musica, spesso donata al Papa in occasione dei suoi numerosi viaggi, per Fresu è «l’espressione di quell’idea di mondo circolare che si sta provando con molta fatica a costruire. Credo che quel Papa abbia dimostrato quanto il linguaggio dei suoni, tutto indistinto, sia uno straordinario strumento per edificare quella bellezza che lui voleva, e che ognuno ha cercato di produrre e di mettere a disposizione».
Paolo Fresu: musica, bellezza e partecipazione
RSI Cultura 02.03.2024, 09:00