Possiamo dire subito che sarà un festival meno dance rispetto all’anno scorso. Meno dance e più leggero in quanto a fruizione. È vero, le canzoni sono tante: sono trenta più quattro giovani, però Carlo Conti [il presentatore della prossima edizione, ndr] è uno molto rapido, è il contrario della sontuosità. Quindi sarà un festival veloce, Conti ha già detto che è vero che ne ha messe trenta, di canzoni, però non farà fare il monologo ai comici, non ci saranno superospiti particolari se non i primi già dichiarati, come Jovanotti, mentre ieri è stato ufficializzato Damiano David dei Maneskin.
Avrebbe potuto portarlo a ventiquattro canzoni, evitando l’effetto-melassa. C’è tanta roba in mezzo, che sono canzoni da sottofondo. Anche quelle delle ragazze giovani - Elodie, Gaia, Rose Villain - sono canzoni che metti lì mentre fai dell’altro. Forse questo, in una Festival che ormai ha i crismi di una manifestazione importantissima a livello internazionale, potrebbe essere evitato. E forse bisognerebbe cominciare a pensare che la scelta delle canzoni non venga affidata solo al presentatore ma a una commissione più ampia.
Venendo alle singole canzoni, qualche dubbio lo sollevano “Pelle diamante” di una Marcella Bella che vuole replicare il successo TikTok dei Ricchi e poveri, e “Lentamente” di Irama, perché è un urlo, ma attenzione: qui gioca un ruolo la sua fanbase, molto forte. Ci torneremo alla fine. Ci sono altri pezzi, dei giovani, che non convincono. Suonano mediocri, avrebbero potuto fare di più, però va anche detto che i ritornelli funzionano.
Poi ci sono Fedez e Tony Effe, rispettivamente con “Battito” e “Damme ‘na mano”. Fedez vomita tutto il suo malumore in modo molto crudo e cupo, per cui mette anche un po’ di malumore. Sicuramente non una canzone da cantare. Da ascoltare, col dubbio che resti poco. Tony Effe fa Franco Califano: una stornellata romana col mandolino e l’autotune. Attenzione a Tony Effe, perché i dissing e le parole su di lui portano attenzione, con la possibilità che abbia un’impennata di voti che lo portano avantissimo.
Non convince “Tra le mani un cuore”, la canzone di Massimo Ranieri scritta da Nek e Tiziano Ferro: uno stentato tentativo di rifare “Perdere l’amore”. Deludente “Anema e core” di Serena Brancale, che ha una splendida voce ma le atmosfere dance del suo pezzo non esaltano.
Un Cialtrone ai preascolti di Sanremo
Il Club dei Cialtroni, Rete Tre 20.01.2025, 18:10
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Cosa brilla? Cominciamo da uno straordinario Willie Peyote, che fotografa la realtà contemporanea in maniera strepitosa. “Grazie ma no grazie” è bellissima sotto ogni aspetto, anche musicale: non è rap (tra l’altro: molto meno rap quest’anno) e il ritornello è una bomba. Carina la canzone di Giorgia, “La cura per me”, diversa da quella che portò qualche anno fa, in pieno Covid. Ha un ritmo strano, non proprio lento lento, ma non che lasci il fiato smorzato e l’emozione in gola. Molto bella e poetica la canzone di un Brunori diverso dal solito. Quello de “L’albero delle noci” è un Brunori strafottente, che sembra dire «Se ti piace, questo è quello che vedo dalla mia finestra. Per il resto, sono poco interessato a convincerti». Bella la canzone di Gabbani, anche se l’inno alla vita potrebbe suscitare qualche reazione allergica, così come la retorica di Cristicchi, la cui “Quando sarai piccola” potrebbe però beneficiare dell’effetto “Mister Rain” arrivando sul podio, cosa a occhio e croce poco probabile.
La canzone più bella è “La mia parola”, di Shablo, con Guè, Joshua e Tormento. È un rap americano che nel ritornello diventa italiano. Apre moltissimo, è splendida, bella. Attenzione a Lucio Corsi in chiave Premio della critica. “Volevo essere un duro” è una canzone in cui l’artista ci dice «Le ho sbagliate tutte, sbaglio sempre, cado dall’albero» ma accettare la fallibilità umana è qualcosa di straordinario.
Della presenza meno imponente della dance e del rap abbiamo detto. Poi niente rock e niente sorprese: in molti non si spostano dalla loro zona di agio. I Festival tutto sommato si somigliano tutti. E allora chi vince? Qui è il gioco delle votazioni, in cui tutto torna in discussione sulla base del numero di fan che ogni artista può mobilitare.