Yet No Yokai
Martedì, Studio 2 di Besso. La settimana di produzione musicale diretta da Confederation Music si inaugura con una batteria glitterata: fa parte degli strumenti che verranno suonati oggi durante le riprese; e al momento si trova – scintillante – al centro dello studio di registrazione. Direttamente da Lucerna, con un rock psichedelico e sperimentale che ipnotizza chi l’ascolta, i primi ospiti di questa sessione musicale sono gli Yet No Yokai (dove Yokai in giapponese significa “demone”). Thomas è la voce e la chitarra elettrica del gruppo; al basso c’è Simon; alla batteria invece, Samuel. Il tutto sarà accompagnato dai beat magnetici di una loop station.
Yet No Yokai
RSI Cultura 11.03.2024, 10:03
Funziona così oggi (e così sarà nei giorni successivi): mattinata di prove e sound-check generale, nel pomeriggio invece si registra. A primo impatto la regia sembra una navicella spaziale e al suo interno ci sono due tecnici del suono che si muovono con un non so che di nonchalance su un mixer che occupa comodamente lo spazio di un tavolo da pranzo, per almeno sei commensali. Si sentono tanti termini tecnici che fanno pensare che da qui a poco si decollerà verso lo spazio.
Ed effettivamente – arrivato il momento di registrare – si decolla: la musica degli Yet No Yokai è piacevolmente graffiante. Ci sono dei motivetti ruvidi alla chitarra elettrica; ci sono le frasi ripetute all’unisono dal trio (“Wir sind da!”); e ci sono i fraseggi molto groovy del basso. In regia si intravedono nella penombra le ombre tutte incuffiettate di chi sta seguendo la produzione dallo studio. C’è un momento di transizione e poi la voce riparte a cantare su una musica che ora è più sintetica e sembra un eco lontano degli anni ‘80. Il palco a un certo punto si illumina di rosso: come voluto dal regista, con l’arrivo delle luci rosse significa che l’esibizione sta per finire. L’energia accumulata viene tenuta fino all’ultima nota.
Bandit Voyage
Giovedì comincia con una mattinata fredda e uggiosa, ma la meteo si sposa bene con le vibes punk-pop che oggi pervaderanno lo Studio 2. Le sessioni di Confederation Music proseguono con un duo ginevrino: si chiamano Anissa e Robin e compongono i Bandit Voyage. Oggi sono fiancheggiati da Domi alla batteria e da Mael al sassofono. Il sound-check della mattina preannuncia delle atmosfere musicali sintetiche, plastiche e imprevedibili.
Cominciano le registrazioni, la musica fa venir voglia di posteggiare un momento questo diario per seguire i ritmi martellanti delle drum machines. Anissa suona un motivetto dissonante su un sassofono elettronico e canta delle frasi ripetute a slogan: “Once a day, twice a week!”. Una forma – quella dello slogan – che tornerà spesso nelle canzoni suonate oggi dai Bandit Voyage.
Bandit Voyage
RSI Cultura 11.03.2024, 13:51
Quello di oggi è un gruppo che impatta anche dal punto di vista scenico: abiti paillettati, con le frange, in chiffon. Anissa porta una lente a contatto bianca su un occhio, quando è sul palco salta da uno strumento all’altro e si muove come un metronomo sui beat delle canzoni. C’è una cura del dettaglio, ma anche un non volersi prendere troppo sul serio.
Dopo una canzone dai toni più intimi e melodici, riprende quell’atmosfera elettronica con la quale si era inaugurata la sessione. Più si avanza e più ci si perde in queste atmosfere underground fino a quando non si giunge al culmine su un ritornello ripetuto meccanicamente: “souvent je pense que je t’aime mais c’est que du désir!”. La musica finisce. Qualche secondo di silenzio fino a quando non si interrompono le riprese. Applausi dallo studio e dalla regia.
Ingrid Lukas
Venerdì. Da qui a poco lo Studio 2 si trasformerà in una specie di regno fatato di una lontana terra boreale, con Zurigo come quartier generale. Ingrid Lukas e la sua band catturano le orecchie di chi si trova in studio attraverso una musica che si fonda su radici profondamente estoni. Con Ingrid cantano anche Diandra – la sassofonista del gruppo – e Rahel, che invece sta alle tastiere. C’è qualcosa di etereo nelle loro armonizzazioni: complici sono anche le atmosfere musicali create dalle percussioni di Ronan e dal basso di Manu.
Ingrid Lukas - Dietro le quinte
RSI Cultura 12.03.2024, 09:51
Poco prima di partire con la prima ripresa c’è un rapido scambio tra Ingrid e la squadra tecnica. Stanno scegliendo il colore delle luci sul palco per l’ultima canzone. Viene detto a Ingrid: “You’re like a Queen of Ice”, lei risponde”Yes, I am!”. Ed effettivamente è proprio così: anche oggi la presenza scenica sul palco non manca. Ingrid indossa una tunica celeste, ha dei lunghi capelli biondi che le cadono sulle spalle e che la fanno sembrare una fata nordica.
Cominciano le riprese e l’immaginario musicale – combinato alle luci fredde scelte in regia – rivela subito quell’impronta estone, a tratti incantata, di cui si caratterizza la musica di Ingrid Lukas. Il primo brano sembra una ninnananna che assume una natura sempre più elettronica man mano che avanza. Tra sonorità più pop e altre più sintetiche, lungo tutta la sessione sembra di assistere a un rituale magico. Il brano conclusivo conferma questa impressione: Rainspell, incantesimo della pioggia. Le voci cantano all’unisono, prima sussurrano e poi gridano. La crescente presenza delle percussioni chiude in bellezza la performance di Ingrid Lukas.
Nic Gyalson
La settimana con Confederation Music è filata veloce e in un battibaleno si è fatto sabato. Le produzioni di questa edizione si chiudono con un artista ticinese, che si presenta frizzante di energia, accompagnato da una band altrettanto arzilla e da un elegante organo Hammond dalle modeste dimensioni di un mobile da salotto. L’ospite si chiama Nicolò: oggi veste i panni di Nic Gyalson e sul palco sta per portare una bomba pop-rock resa ancora più rock dal suono dell’organo. Lo sostengono sul palco altri tre musicisti: Andrea alla chitarra elettrica, Lorenzo alla batteria e Domenico al basso. La loro musica è travolgente e tira dritto come un treno ad alta velocità. Nic non teme la telecamera e quando canta la affronta di tanto in tanto guardando intensamente nell’obiettivo. Quelli di oggi sono dei brani che hanno un suono corposo e pieno. Ad un certo punto, si sente una canzone che parla di una Colombian Lady e che rivela un livello più intimo della musica di Nic Gyalson: lui stesso spiegherà alla fine che era giunto il momento di togliersi la maschera.
Dopo un pomeriggio di riprese a pieno ritmo, la settimana di produzione di Confederation Music si conclude e la sensazione che rimane è simile a ciò che si può sentire alla fine di un concerto o alla fine di un film, quando si sta per uscire dalla sala del cinema (e quando quel film è piaciuto tanto). Qua e là si sentono saluti e pacche sulle spalle, c’è chi si abbraccia come a dire che dopo una settimana in questa navicella spaziale fatta di luci, microfoni, mixer e videocamere, siamo atterrati benone.
La settimana dopo avrei ascoltato sul telefonino alcuni brani scoperti durante Confederation Music, e mi sarebbe scappato un sorriso pensando alla batteria glitterata, al sassofono digitale, alla tunica azzurra e all’organo Hammond.