Il suo timbro vocale, così ruvido, così graffiante, lo riconosci anche se non frequenti i suoi stessi territori musicali. Rod Stewart - che è pure Cavaliere di Sua Maestà, dunque gode dell’appellativo di “Sir” - taglia il traguardo degli ottant’anni con la stessa garra che ne ha contraddistinto la carriera e quel filo di fatalismo che in fondo, diciamocelo, fa tanto rock’n’roll.
Rod Stewart compie 80 anni
Parzialmente scremato, Rete Tre 10.01.2025, 06:40
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Lui del rock’n’roll ha vissuto l’epoca d’oro: gli anni Sessanta e Settanta britannici, lo stesso periodo bazzicato, giusto per fare tre nomi, da Beatles, Who e Rolling Stones, questi ultimi rivali diretti nel derby con i Faces, la band che consacrò definitivamente il talento di Stewart. Ma andiamo con ordine. Dopo un abbozzo di carriera calcistica nel Brentford – abbandonata perché bere e insieme allenarsi era un mestiere troppo difficile – e un’esperienza in giro per l’Europa al seguito di un musicista folk che gli costerà l’estradizione dalla Spagna per vagabondaggio, la prima esperienza di un certo spessore fu nel Jeff Beck Group. Capiamo subito che il nostro avrebbe avuto una certa consuetudine con il pantheon del rock. Da lì poi subentrò al partente cantante degli Small Faces, che, integrati in formazione lui e il chitarrista Ron Wood (futuro membro degli Stones), cambiarono nome, appunto, in Faces. Iniziò così una storia che oggi si aggira attorno ai 120 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.
Con i Faces l’avventura terminò nel 1973. La sempre più preponderante figura di Stewart, diventato nel frattempo una superstar, aveva creato le classiche tensioni e incomprensioni all’interno del gruppo. “Ooh La La” è il loro disco di commiato:
Parlare della parabola di Rod Stewart significa raccontare di un artista che ha saputo mutare il proprio stile seguendo le mode musicali così come le proprie inclinazioni. Gli inizi sono ruspanti anzichenò, con un impasto di folk e blues. In seguito, con Jeff Beck ha dato vita a una mistura tosta di blues e rock. Poi piano piano la sua grana vocale ha virato verso il pop, portandolo a segno anche nei territori della disco music (“Da Ya Think I’m Sexy?”) e trasformandolo in uno dei volti più popolari della music television che iniziava ad arrembare negli anni Ottanta. A pensarci bene, non poteva che essere così per chi aveva fatto parte di una band chiamata Facce…
La sua versatilità lo ha portato, negli anni, a collaborare con Andy Taylor dei Duran Duran e Bernard Edwards degli Chic, Tina Turner, Tom Petty e, ancora, Bryan Adams e Sting. Oggi vive a Los Angeles e si dedica a standard e swing: l’ultimo disco, “Swing Fever”, in duo con il pianista e conduttore tivù Jools Holland, è dell’anno scorso.
Per celebrare il suo ottantesimo compleanno, Stewart ha pubblicato una foto in cui è ritratto, assieme all’attuale moglie, sei degli otto figli e relativi compagni e compagne, con addosso la maglietta fasciata di biancoverde del Celtic Glasgow, squadra calcistica di cui è tifoso, in omaggio alle sue ascendenze scozzesi. Vecchia pellaccia r’n’r, ha già sconfitto due tumori. Con un certo fatalismo, ha detto di sapere di avere i giorni contati. «Dobbiamo tutti morire a un certo punto – ha dichiarato - quindi ho intenzione di divertirmi il più possibile in questi ultimi anni. Impazziamo ancora dopo ogni spettacolo». Let’s rock, Sir Rod!