Musica Punk

I Tre Allegri Ragazzi Morti non invecchiano mai

Dalle cassette vendute ai live fino al web. Perché la band indipendente italiana continua a stupire

  • Oggi, 09:00
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Di: Patrizio Ruviglioni

In Italia c’è una band indipendente che ha appena festeggiato trent’anni di attività, e per la quale lo scorrere del tempo si è fermato. I Tre Allegri Ragazzi Morti – il frontman e chitarrista Davide Toffolo, Enrico Molteni al basso e Luca Masseroni alla batteria – sono più di un culto, quasi un fenomeno sociale underground, che ha girato palchi mainstream senza rimetterci la faccia, ed è sempre in salute. Di base, è già tantissimo. La chiave può essere la maschera a forma di teschio che indossano dagli esordi, a nascondere l’identità e creare un cortocircuito tra persona e personaggio, musica e mercificazione. “Se siamo morti”, dicevano in un’auto-intervista, “ci possiamo permettere tutto”: la notizia è tanto che abbiano tenuto fede a una dichiarazione del 1994, quanto che tutto ciò li abbia benedetti davvero”.

Quattro chiacchiere con i Tre Allegri Ragazzi Morti

RSI Rete Tre 04.04.2019, 18:12

Pionieri del do it yourself all’italiana in epoca di internet 2.0 e di social poi, hanno confuso le carte più volte, e ne sono sempre usciti vincitori. Anche stabilire il genere è difficile. In linea di massima è punk, o perlomeno quella è la matrice in cui si è formato Toffolo, classe 1965 e un passato nel Great Complotto, il collettivo di Pordenone che a inizio Ottanta ribaltò la musica italiana per poi sparire nel niente. Leggenda vuole siano state le scorie radioattive del fiume Noncello, vicino alla base statunitense di Aviano, a rendere i musicisti del posto così eccentrici; più realisticamente, la semina è ben riuscita: quando decide di fondare una band per trasformarla in un progetto di vita – non appiattirsi su una carriera d’ufficio, girare il mondo, fare cose da sé e a modo proprio, un po’ da eterni adolescenti e un po’ da precoci, atipici, imprenditori di sé – riparte da lì. Masseroni c’è subito, Molteni arriva nel 1996. In tre come i Nirvana, in macchina arrivano ovunque, scuole prima di tutto.

Le canzoni infatti, oltre a quelli del progetto di vita stesso, toccano temi come l’adolescenza, le sue scoperte e i contrasti e non li lasciano più, e rendono la band un gruppo di fratelli maggiori per i ragazzi che la trovano tramite le prime cassette vendute ai live, e poi di nuovo per chi arriverà con internet e via discorrendo. La maschera si consolida nel 1999, ma ci sono già i disegni a costruire un immaginario intorno: Toffolo è un fumettista, le sue storie sviluppano da subito una simbiosi con le canzoni, tanto che spesso ai primi singoli vengono legati dei videoclip animati e degli albi a fumetti, o viceversa. All’inizio i pezzi soffrono della necessità di gettare basi, sono un po’ di didascalici (Quindici anni già, Si parte, Mai come voi), ma li fanno notare da una major, la BMG. È un periodo d’oro per l’alternative italiano, con gruppi come C.S.I., Afterhours, Subsonica e gli stessi Prozac+, sempre da Pordenone; ma i Tre Allegri Ragazzi Morti sono diversi, con stile più ironico e fiabesco e gusto per la melodia. All’Indipendent Day del 1999, a Bologna, oltre al solito punk scalmanato si portano sul palco anche due performer, di cui un buttafuoco. L’Italia li scopre lì.

La svolta è del 2000, quando il sodalizio con la BMG si rompe – il tempo di un disco, Mostri e normali – e i tre, sfruttando la visibilità avuta, si mettono in proprio aprendo la loro etichetta, La Tempesta. Il colpo è duro, nel 2001 il mondo scopre i Gorillaz, altra band a fumetti che fa ciò che fanno loro ma con enorme disponibilità di mezzi, ma tengono botta con l’artigianalità della proposta e uno spirito radicale, che non fa prigionieri tra i buoni e tra i cattivi. La testa indipendente, nel 2001, aggiunge una serie di brani manifesto da riserva indiana (Quasi adatti, Ogni adolescenza con tanto di videoclip a cartone animato in alta rotazione su MTV) e li consacra tra i pochi indipendenti che ce la fanno, grazie a internet e a un lavoro in analogico certosino, con centinaia di concerti. “Dal palco abbiamo visto che la gente sapeva anche le nuove canzoni, quelle che avevamo pubblicato da indipendente”, hanno raccontato al podcast Venticinque. “Così ci siamo detti: dai, proviamoci”.

Il mercato indipendente, in Italia, allora è un deserto selvaggio, loro stessi in parte se lo inventano. Nessuno dei tre è un virtuoso, come i punk di una volta si gioca tutto sul tocco, la ritmica, ciò che rappresentano. Il gioiello La seconda rivoluzione sessuale (2007) stratifica i suoni, che pescano dalla musica latina e dal pop-rock, e i testi, con cui si avvicinano a un cantautorato matto all’italiana stile Dalla o Gaetano, con scenari che mischiano il macabro, il culto dei morti e il fiabesco. Ci sono le canzoni d’amore, la vita di provincia, il rapporto con istinti e natura, ancora l’adolescenza (Il mondo prima, un classico). Soprattutto, aprono porte: da esperimento corsaro, La Tempesta diventa punto di riferimento della scena alternativa, producendo artisti come Vasco Brondi, Il Teatro degli Orrori e gli Zen Circus – più in là, arriverà perfino M¥SS KETA. In molti avranno un successo più ampio di quello dei Tre Allegri Ragazzi Morti, che faranno loro da balia, ma dovranno reinventarsi parecchio, addirittura fermarsi.

Toffolo e soci restano discreti, non provano il grande salto, ma superano il punk rock prendendosi una nuova generazione con il reggae di Primitivi del futuro (2010) e la world di Nel giardino dei fantasmi (2012), forse il loro disco più apprezzato, per quanto la critica non abbia mai stravisto per i tre, considerandoli semplicistici. Arrivato a quasi vent’anni dagli esordi, dentro ha Alle anime perse, quasi una 4/3/43 indie, e La via di casa, cioè la versione storta di Cosa sarà degli stessi Dalla e De Gregori. La sfida, qui, è rivendicare lo stesso immaginario di morte, teschi e resurrezione a fronte di un suono dolce e pop, da focolare. Ci riescono, mantenendo coerenza perfino quando nel 2013 duettano con Jovanotti, sempre da indipendenti: non avere legami significa non vendersi da una parte (Mai come voi, allora e sempre) ma anche non legarsi alle dinamiche di militanza alternativa; è questione di stile di vita, approccio, attitudine, non di forma o di suoni.

Proprio Jovanotti torna, nel 2016, ospite in Persi nel telefono, la canzone che apre Inumani, disco della passione di Toffolo – che intanto disegna ancora, e con gli altri continua a indossare la maschera e a girare il mondo – per la cumbia. Nel pezzo cantano una frase rivelatrice:

Prima erano in cinque a scrivere canzoni che cantavan’ tutti

Adesso tutti quanti scrivono canzoni, che qualcuno canterà.

Le piattaforme di streaming e il cambiamento del pop italiano, fagocitato dall’urban e dal rap, con la scomparsa del rock e dei piccoli club, avrebbe potuto marginalizzare i Tre Allegri Ragazzi Morti, ,a loro non sono mai sembrati stanchi, confusi, superati (Sindacato dei sogni, del 2019, è un altro gioiello, stavolta psichedelico). Soprattutto, non hanno perso pubblico, sempre trasversale. Per il trentennale, il cui tour il 19 ottobre passa da Lugano, non si sono abbandonati alla nostalgia, ma hanno pubblicato un album d’inediti, Garage Pordenone, che è un ritorno alle radici credibile. Sono ancora, insomma, la repubblica indipendente, l’Isola delle Rose, della musica italiana, non perché la maschera li tenga al riparo dall’invecchiamento o dal cambiamento, anzi, ma perché l’indipendenza gli permette di risponde a sé stessi e non avere legami con il contesto, mentre tutto intorno cambia. Hanno compiuto davvero, insomma, il progetto esistenzialista che auspicavano. Come urlavano in uno dei primi pezzi: “Si parte, e non si torna più”. Ci sono riusciti solo loro.

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