MUSICA ITALIANA

Il lato oscuro di Sanremo

Intrighi e sospetti nella storia del festival, dai traffici valutari della prima edizione a Lucky Luciano (a Pupo)

  • 04.02.2024, 11:12
  • 07.02.2024, 15:46
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Di: Michele R. Serra 

Gangster e corruzione, truffe e traffico valutario, cronaca nera, misteri: ecco a voi il Festival di Sanremo. O meglio, il suo lato oscuro.
La parte meno conosciuta di quello che tutti conosciamo come festival canoro, certo. Come spettacolo televisivo, certo. Ma forse – nonostante l’enorme quantità di giornalisti che ogni anno verso febbraio cala come legioni di lanzichenecchi verso la Liguria italiana – sappiamo ancora poco di quello che c’è stato dietro le quinte dello spettacolo, nelle ultime sette decadi e spiccioli. Soprattutto negli anni tra Cinquanta e Ottanta, quando il Festival ha gettato le fondamenta del suo mito.
Un po’ di luce su tutta questa oscurità l’ha fatta filtrare qualche anno fa un saggio scritto dal giornalista sanremese Romano Lupi e dallo storico Riccardo Mandelli, e intitolato non a caso Il libro nero del Festival di Sanremo (Odoya 2016).
Il modello è quello di Hollywood Babilonia, pur se lo svolgimento rimane assai meno esplicito e assai meno esplosivo rispetto al leggendario racconto degli scandali del cinema americano dato alle stampe alla fine degli anni Cinquanta da Kenneth Anger, che peraltro è stato spesso accusato di essersi aiutato molto con la fantasia. E tuttavia – per quanto a volte inevitabilmente si sconfini nel campo di leggende, dicerie e complottismi vari – quella del Libro nero del festival di Sanremo rimane lettura godibilissima ancora oggi, in anni in cui l’evento più nazional-popolare della vicina penisola surfa su un’onda altissima di successo. Se non altro, offre un punto di vista davvero poco frequentato sulla lunga storia del Festival, che prima di essere di Sanremo era semplicemente della canzone italiana. E inizia già in un momento molto difficile: il 1938, anno in cui in Europa soffiavano già forti venti di guerra a causa del dichiarato espansionismo della Germania di Hitler, che stava scoprendo le sue carte.

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Il primo Festival? A Lugano

Ai tempi era già nata una tradizione di spettacoli musicali nei Casinò, come appunto Sanremo (dal 1927) e Campione d’Italia (dal 1933), ma si trattava solitamente di eventi legati alle tradizioni regionali (come ad esempio la canzone napoletana). Solo nel 1938 si era pensato per la prima volta a un vero festival della canzone italiana, con i successi popolari resi famosi dalla radio. Difficoltà logistiche spinsero però gli organizzatori fino in Ticino: inizialmente si era pensato a Campione, ma il casinò era stato momentaneamente chiuso per ragioni di traffico valutario. Probabilmente gli italiani avevano capito che si stavano avvicinando tempi difficili, e portavano i risparmi al riparo in Svizzera: il casinò era diventato velocemente crocevia di quei traffici.
Così il primo festival della canzone italiana si tenne, ironia della sorte, al teatro (già anche casinò) Kursaal di Lugano, nell’inverno del 1938. Possiamo quindi dire, in un certo senso, che fu grazie ad affari illeciti (o al tentativo di evitarli) che il pubblico ticinese poté godersi la voce di Myriam Ferretti.

Lucky Luciano a Sanremo

La vera storia del Festival cominciò però nel secondo dopoguerra, con la prima edizione nella sede sanremese, nata soprattutto grazie all’appoggio della RAI e al gestore del casinò di Sanremo Pier Busseti. Era il 1951, e non si può dire ci fosse grande interesse nei confronti del festival da parte della stampa: pochi i giornalisti accreditati, pochi i giornali che coprirono l’evento. Tuttavia, il pubblico della radio apprezzò: Nilla Pizzi, la vincitrice, vendette in breve tempo decine di migliaia di 78 giri, e l’editore musicale Cetra si dovette affrettare a produrre i dischi delle canzoni del Festival, che nessuno si era preoccupato di far incidere.
Già l’anno successivo, l’interesse del mondo discografico nei confronti del Festival era cresciuto notevolmente, e così la popolarità di Pier Busseti, che tuttavia secondo Lupi e Mandelli è al centro di diversi sospetti: il più grave, senza dubbio quello di essere parte di un sistema di narcotraffico internazionale che vedeva coinvolte anche alcune aziende farmaceutiche italiane ed era gestito da Lucky Luciano, leggendario boss della mafia italo-americana. Busseti portava infatti avanti diversi business nel settore viaggi e turismo tra Italia e USA: l’uomo perfetto per far passare flussi di merce illegale tra i due paesi. La verità riguardo a quei sospetti Busseti se l’è portata nella tomba: nel 1953 fu trovato morto nella sua casa di Roma, vittima di una “breve malattia”. Oppure suicida, oppresso dall’ansia per i suoi affari sempre più disastrati, condotti con personaggi molto pericolosi? Non è dato sapere. Tuttavia, si nota che la sua Pierbusseti World Travel Organisation di Chicago a pochi mesi dalla sua morte finì nelle mani di Dan Porco, uomo d’affari italoamericano legato alla Cosa Nostra dell’epoca…

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Intrighi, sospetti, e perfino un ControFestival (di Dario Fo)

Gli anni Sessanta rappresentano, per il festival, quelli del boom assoluto. Ma sono anche altrettanto pieni di lati oscuri rispetto ai precedenti. Ci sono le contestazioni studentesche, con l’edizione del 1969 spaventata dalla possibilità di manifestazione e scontri, che vide cinquemila agenti schierati a protezione del teatro, e perfino il ControFestival organizzato da Dario Fo e Franca Rame. Ci sono soprattutto le denunce che raccontano di giurie misteriose e parallele, di cantanti raccomandati, di potentati che decidono i destini degli artisti. Nel 1960, a cogliere perfettamente quel clima di sospetto, ecco il musicarello Sanremo – La grande sfida di Piero Vivarelli, una storia di imbrogli e votazioni truccate. Una delle battute del film recitava: «Alla roulette chi perde paga, al Festival chi paga vince».
Ci sono infine i casi di cronaca, come quello celeberrimo della morte di Luigi Tenco, ancora oggi pieno di ombre. Ma per quello, ovviamente, ci vorrebbe un libro a parte.

Ci sono molte altre zone oscure nella storia del festival, che si parli di voto popolare pilotato (è successo diverse volte, celebre il caso di Pupo che investe 75 milioni di lire per arrivare quarto nel 1984) oppure di notai incaricati di vigilare sulla regolarità del festival che erano in realtà attori pagati per recitare quel ruolo (ricordiamo l’aneddoto raccontato dallo storico critico musicale del Corriere della Sera Mario Luzzato Fegiz, che riconobbe il notaio del festival 1975, anni dopo, in un attore del Piccolo Teatro di Milano).
Quasi tutte rimaste pressoché sconosciute al grande pubblico, che però ricorda molto bene le canzoni e gli artisti, da Modugno a Mahmood.
Forse è davvero come dice qualcuno: nella vita si ricordano le cose belle, quelle brutte finiscono nel dimenticatoio…

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Tipi da Sanremo

RSI Cultura 01.02.2024, 17:49

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