James Brown che canta “Sex Machine” sulla musica di “Whole Lotta Love” dei Led Zeppelin, i Pink Floyd che ci recapitano “The Wall” su “Stayin’ Alive” dei Bee Gees, Kurt Cobain che appoggia le strofe di “Smells Like Teen Spirit” su “You Spin Me Round” dei Dead or Alive, per poi ricambiare l’ospitalità sul ritornello, e la lista potrebbe proseguire ancora. Sono tutti esempi di mashup (dall’inglese impastare) musicali. L’operazione è relativamente semplice: si prende il cantato di un brano e la base musicale di un altro e li si appiccica insieme, così da generare un pezzo nuovo. Potere della tecnologia, che permette di effettuare questi taglia-e-cuci in modo artigianale anzichenò, tanto che in rete gli esempi abbondano. Alcuni davvero improbabili, ma dall’effetto garantito.
In realtà, il primo esperimento di questo genere fu condotto negli Stati Uniti, nel luglio del 1956, da Bill Buchanan e Dickie Goodman. Il primo era un produttore musicale, il secondo un compositore. Entrambi rimasero folgorati dal programma radiofonico “La guerra dei mondi” di Orson Welles, adattamento del romanzo di H. G. Wells incentrato sull’arrivo degli alieni sulla Terra. Ispirati dal racconto fantascientifico, i due si fiondarono in studio per dare vita a un collage musicale sullo stesso argomento. Il risultato fu “The Flying Saucer”, un 45 giri che, su entrambi i lati, commentava a modo suo la notizia dello sbarco dei marziani.
A dare parole e ritmo alla miscela provvedono la voce di un annunciatore radiofonico, quella di un buffo inviato sul luogo dell’accaduto, quella di un cartoonesco alieno e, naturalmente, gli spezzoni di tutta una serie di grandi successi dell’epoca. Tra i frammenti si possono riconoscere “The Great Pretender” dei Platters, “Heartbreak Hotel” di Elvis Presley, “Tutti Frutti” di Little Richard e altre quattordici canzoni celebri di allora. Quello che può sembrarci un divertissement riuscì pure a entrare in classifica, salvo uscirne per una serie di controversie, inclusa quella sui diritti d’autore.
“The Flying Saucer” passerà agli annali non solo come il primo mashup della storia, ma anche come esempio dell’arte di ricombinare elementi presi da altre canzoni o documenti audio, che si espanderà nei decenni successivi. L’esercizio creativo conosciuto come campionamento incuriosirà, per fare un esempio molto pop, anche i Beatles di Revolution 9 e darà corpo e sostanza alle produzioni dell’hip hop.
Volendo chiudere dove siamo partiti, fra i ventitré campioni usati per “Fight the Power” i Public Enemy ne presero uno da “Funky Drummer” e un altro da “Funky President”, entrambi brani di James Brown.