Musica jazz

Max Roach, un uomo libero

Cento anni fa, 10 gennaio 1924, nasceva in un angolo povero della North Carolina Maxwell Lemuel Roach, uno dei grandissimi del jazz del Novecento

  • 10.01.2024, 06:00
Max Roach nel 2001

Max Roach nel 2001

  • Keystone
Di: Riccardo Bertoncelli 

Chi era Max Roach? “Solo” uno straordinario batterista, capace di vivere da protagonista epoche diverse della musica afroamericana? La definizione, per quanto lusinghiera, è riduttiva: Max Roach è stato anche un instancabile sperimentatore, un appassionato insegnante e la coscienza critica di una scena controversa come quella jazz.

Roach cominciò a praticare la batteria a 12 anni e a 16 veniva già notato da Duke Ellington, e dopo i 20 fu collaboratore entusiasta di Charlie Parker in molte registrazioni che cambiarono i lineamenti del jazz, nel segno del be bop. Spese la sua arte di scrupoloso collaboratore fino alla soglia dei trent’anni, mettendo la firma su nastri epocali come quelli di Thelonious Monk per la Blue Note e Birth Of The Cool di Miles Davis; poi si impose come leader, con una serie di LP capaci di spiegare molto del nuovo jazz anni ‘50. Le pagine più importanti del primo periodo furono quelle in quintetto con il trombettista Clifford Brown, ma il progetto fu interrotto nel 1956 dalla tragica morte di Brown e di un altro membro del gruppo, il pianista Richie Powell. Roach superò il lutto e con formazioni diverse continuò la sua predicazione hard bop, con album originali come Jazz In 3/4 Time e incontri al vertice come Percussion Discussion (1958, con Art Blakey) e lo storico Money Jungle (1962, con Ellington e Charles Mingus), oltre a numerose collaborazioni con Sonny Rollins nella stagione migliore di quel colosso del sax.

Roach ampliò il ventaglio della batteria jazz, sperimentando tempi complessi e curando nel dettaglio le sfumature timbriche del suo strumento, ma non fu solo un grande e influente tecnico. Si impegnò anche a garantire la propria libertà artistica e nei primi anni ‘50 fondò con Charles Mingus una delle prime etichette jazz autogestite, la Debut. Sempre con Mingus fu tra gli animatori dei “Newport Rebels”, per dare visibilità a musicisti ignorati dal dominante festival jazz di Newport. Uno spirito sensibile e polemico come il suo non poteva rimanere indifferente davanti al dibattito sui diritti civili del popolo afroamericano; nel 1960 dunque espresse le sue opinioni con uno storico album, We Insist! Freedom Now Suite, con i testi del poeta Oscar Brown jr. e la voce della cantante Abbey Lincoln, che di lì a poco sarebbe diventata sua moglie. Per tutta la vita condusse quella battaglia, e ancora negli ‘80 avrebbe proposto una versione musicata del celebre discorso di Martin Luther King alla marcia della pace di Washington del 1963 - “I have a dream”.

La discografia di Roach è amplissima, con decine di album come leader e come sideman. Tra i più rilevanti i due LP per la Impulse!, Percussioni Bitter Sweet e It’s Time (con un sestetto base e un coro di sedici elementi), l’incursione nel gospel di Lift Every Voice And Sing, l’esercizio virtuosistico di Drums Unlimited, con largo spazio al “solo batteria”. Pur non seguendo mai i tracciati delle avanguardie, mostrò grande rispetto per i musicisti più radicali e sono diversi i suoi interventi con musicisti free come Archie Shepp, Anthony Braxton, Cecil Taylor. Gli esperimenti lo stimolavano sempre, anche in età matura. Negli anni ‘80 collaborò con Sam Shepard per alcuni allestimenti teatrali e apparve in scena con rapper, breakdancers e DJ affermando la continuità fra il jazz e quelle nuove espressioni della cultura afroamericana. Nello stesso periodo fiorì l’ultimo grande progetto della sua vita, M’Boom, una potente formazione di batteria, percussioni, marimbe e xilofoni che riaffermava appassionatamente i legami tra jazz e musica africana.

Attivissimo fin oltre i settant’anni, diradò l’attività dopo il 2000 per gravi problemi di salute. Il sigillo della sua imponente discografia fu nel 2002 un album con il vecchio amico Clark Terry, Friendship. Morì il 16 agosto 2007 a New York. La sua tomba è al Woodlawn Cemetery, nel Bronx.

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I capolavori. “Clifford Brown & Max Roach” (1954-55)

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