È davvero una storia “Senza fine”. Milanese lei, genovese – nato in Friuli – lui. Una è tra le più celebri interpreti della canzone italiana, lui invece è tra i capostipiti del cantautorato italiano. Lei “divina”, lui più ruvido e ombroso. Ornella e Gino, Vanoni e Paoli, spesso uniti nell’arte come nella vita, almeno per un certo periodo. Perché si sono presi, lasciati, ripresi e poi… chissà. Ed entrambi sono alla vigilia dei 90 anni; li divide un solo giorno: lei è nata il 22 settembre, Gino il 23.
Quando si conobbero, raccontò Ornella nel corso di uno showcase all’Auditorio della RSI allestito per i suoi 80 anni, gli chiese una canzone; Gino era autore che si stava affermando e di grande talento. Si appartò per 10/15 minuti e tornando con Senza fine praticamente già scritta, una di quelle canzoni che scolpiscono la storia della canzone italiana, di quelle attraversano lo spazio e il tempo
Showcase Ornella Vanoni
RSI Cultura 22.09.2012, 02:00
«Però mi scoccia che quando la canto Gino percepisce i diritti SIAE» così, tra le risate del pubblico.
I due confermarono inoltre che quando si conobbero, entrambi pensavano che l’altro fosse omosessuale, ma fugarono ben presto il dubbio. E fu un vero colpo di fulmine. Quando si lasciarono Paoli si legò a Stefania Sandrelli. Ma l’affetto, l’amicizia e la complicità, almeno artistica, non sono certo arrugginite. E la collaborazione tornò a farsi davvero concreta come nel 1985, quando insieme vissero una tournée a dir poco trionfale in giro per l’Italia da cui verrà tratto il doppio album live Insieme. O quando, vent’anni più tardi pubblicano Ti ricordi? No, non mi ricordo, album di inediti con relativo e trionfale giro nei teatri della penisola.
Seduttore Gino, i suoi amori sono ben noti, ma non seriale o indefesso come Strehler, già icona del teatro italiano, sposato, che prese sotto la propria ala una giovanissima Ornella allieva dei corsi al Piccolo di Milano. Innamorandosene perdutamente. Diventano “la coppia del Piccolo”, tempio della cultura meneghina. Creando non pochi scandali non fosse per la giovanissima età e per l’estrazione alto borghese da cui proveniva. Ma come confessò più tardi la stessa Vanoni la relazione si rivelò tossica. Vero è che il maestro le cucì addosso un repertorio e una veste/personaggio di grande successo proponendole le canzoni della mala, di cui divenne squisita interprete anche a teatro. Un repertorio che grazie alla sua voce, al suo timbro e alla sua interpretazione, riscossero ampi consensi offrendole una visibilità anche mediatica sempre maggiore.
Nel frattempo, Paoli coi suoi “quattro amici” di gioventù e di infinite bisbocce notturne, ubriachi di vino, vita e poesia – Tenco, De André, Lauzi, Bindi – danno vita a quella che passerà alla storia come “scuola genovese”, che però nasce a Milano grazie a Reverberi, e alla Ricordi; ma questa è un’altra storia. Affrancano la “canzonetta” dall’oleografia del passato rivoluzionandola, permettendole di esprimere la vita e i sentimenti grazie a un linguaggio tutt’altro che convenzionale per l’epoca. La canzone diviene forma d’arte. Grazie anche all’ascolto della “chanson”, dei maestri d’oltre alpe, i Brassens e i Ferrè per intenderci.
Lo showcase di Gino Paoli
RSI Cultura 06.03.2016, 21:00
Con un amore per il jazz condiviso con Tenco e De André. Una passione che non lo abbandonerà mai e che negli ultimi decenni è spesso il motore dei suoi concerti nel club e nei teatri. Coadiuvato sempre disdegna di portare a teatro con musicisti di grande vaglia e talento o grazie al quale arrangia i suoi classici o interpreta i classici della canzone italiana, magari con al pianoforte il prodigioso Danilo Rea.
«Ricordo - condivise con tutti noi Gino - che da ragazzino nella Genova liberata dagli americani dai carrarmati parcheggiati vicino a casa mia uscivano canzoni e note che mi affascinavano. Sono riuscito a scambiare qualche loro disco con prodotti locali»
Il jazz qualifica anche una stagione importante per Ornella quando, negli anni ’80 collabora con jazzisti di fama recandosi anche a registrare in America; senza scordare un altrettanto significativa stagione di grande successo che ha nella bossa nova, nelle amicizie con Vinicius de Moares e Toquinho il proprio baricentro. La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria pubblicato nel 1976 è davvero un gioiello.
Gino nasce quale pittore. Ama l’arte e cerca di sbarcare il lunario dipingendo. Ornella ha una casa ricolma di opere di maestri contemporanei, o almeno l’aveva quando la vidi anni fa. E quando posò nuda per Playboy nel 1977 non chiese soldi ma una sfera di Arnaldo Pomodoro.
Con Sapore di sale il grande successo gli sorride. Paoli non è più il grafico pubblicitario o il pittore che sbarca il lunario a fatica. Non è più nemmeno un cantante da balera. Mina aveva già inciso Il cielo in una stanza e la sua “gatta”, che aveva venduto 116 copie torna in auge facendo sfracelli. Il contratto con la Ricordi è una garanzia, la sua penna è davvero ispirata. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Eppure, una mattina del’63 si spara al cuore. Il proiettile che si conficca nel pericardio è ancora lì, «quale souvenir; ormai fa parte di me». Scopre Lucio Dalla, così come aiuterà un giovane Zucchero negli anni’80; convince Fabrizio (De André), timido e introverso com’era, ad esibirsi una prima volta dal vivo. E scrive un successo dietro l’altro. La sua popolarità è alle stelle, ma per un lungo periodo si ritira dalle scene, probabilmente per fare i conti con la sua natura, e tutto ciò che la vita gli aveva riservato.
Ornella invece sulla breccia c’è sempre stata. È una dimensione a lei confacente. Dischi, collaborazioni artistiche, cinema, teatro e televisione, dove ancora la invitano non fosse per la verve che con l’età non si è certo inaridita, anzi. Si era anche sposata durante la sua frequentazione con Gino. Un matrimonio breve, giusto in tempo per tornare dall’artista genovese pur essendo incinta del suo unico figlio, che nel frattempo l’ha resa anche nonna. Ma come lei stesso ha raccontato la depressione la conosce e conosciuta nel corso della vita. E si è curata, ne è uscita. Grazie anche a quella profonda leggerezza, a quello spirito mai domo che unitamente alla spiccata intelligenza sono indubbiamente le sue cifre. Quelle di una donna arguta, ironica, resiliente.
Entrambi hanno anche conosciuto le ombre, attraversandole per uscirne corroborati. Paoli si ripresenta verso la metà degli anni ’70 con I semafori rossi non sono Dio, su musiche del catalano Jean Manoel Serrat e un paio d’anni più tardi con Il mio mestiere. E sono album intensi, ispirati anche per le tematiche che li informano: libertà, ossessioni, democrazia, diversità. E così la sua carriera riprende vigore in un decennio che registra l’affermazione dei cantautori. Quel vigore che non lo abbandona più tra concerti, tournée, premi, riconoscimenti, Sanremo, il jazz, collaborazioni e pubblicazioni discografiche, tra le quali mi piace segnalare Ciao, salutime un po’ Zena, dedicato alla canzone ligure come l’omaggio a Piero Ciampi con Ha tutte le carte in regola, senza scordare Matto come un gatto del 1991, quello del clamoroso successo di Quattro amici al bar per intenderci. Successi, credibilità e qualità che non fanno difetto anche alla Vanoni. Sempre golosa di musica, di palcoscenici e di u pubblico che ama irretire con una voce davvero unica. E che non è rimasta con le mani in mano, anzi.
Nelle loro vite c’è davvero di tutto. Talmente tanto che dovremmo versare fiumi d’inchiostro per raccontarle. E una manciata di libri e di film lo hanno fatto. Gli amori innanzitutto, intensi, travolgenti, clandestini; che hanno nutrito le cronache rosa di un tempo, ma anche quelli “regolari”. Le amicizie importanti, i compagni di viaggio che non ci sono più, il successo e l’oblio, le luci e le ombre che si alternano. La fama e le macerie della guerra, l’Italia in bianco e nero, il boom economico e l’esplosione dei colori. E poi i figli, le esperienze politiche, qualche vizio portato all’eccesso e ovviamente la musica: la canzone d’autore, il jazz, il Brasile, le collaborazioni e i palcoscenici nel mondo. Ma anche Sanremo e l’anticonformismo, la ribellione e la poesia. Il cinema, la tivù, il teatro; i premi, i riconoscimenti, le onorificenze.
Esistenze godute, intense, ricche. Vite, come ci auguriamo, ancora “senza fine”.