Dici Voodoo e dici di un album la cui portata, a venticinque anni dall’uscita, va al di là del genere di riferimento, ossia il (neo)soul. Usando le parole di Ahmir “Questlove” Thompson, estrapolate dal suo libro Mo’ Meta Blues (2013), il secondo disco di D’Angelo (a uso e consumo di chi legge: si pronuncia Di Angelo) «è riuscito a rivoluzionare e rivitalizzare l’idea stessa del soul, un disco che ha cambiato per sempre il modo in cui il pubblico percepisce il suono registrato». Questlove che questo disco lo ha anche coprodotto, per la cronaca.
Durante un’intervista alla RedBull Academy nel 2014, una delle rare volte in cui si è prestato a raccontarsi al pubblico, D’Angelo ha detto che l’incontro con Questlove è stato come ritrovare un fratello separato alla nascita. L’inizio della produzione dell’album è stato come quello di un gioco, due bambini in un negozio di giocattoli. E il negozio di giocattoli era l’Electric Lady, lo studio di registrazione a New York creato da Jimi Hendrix. Uno studio di registrazione in cui erano stati creati dischi come Talking Book e Music Of My Mind di Stevie Wonder, Young Americans di David Bowie, Dress To Kill dei Kiss, Back In Black degli AC/DC.
Un disco che è nato partendo da jam session volte a trovare il suono giusto, che nascevano da sessioni di ascolto dei dischi classici di Sly & The Family Stone, il primo James Brown, i Funkadelic e i Parliament di George Clinton, come si può sentire negli Outtakes della produzione del disco, pubblicati più di un decennio dopo l’uscita di Voodoo.
L’ispirazione, insomma, era tutta quella musica che rappresentava un momento storico in cui la cultura stava cambiando. Perché anche in quegli anni la cultura stava cambiando. Ed è per questo che lo stesso D’Angelo ha definito Voodoo come un disco funk, ma non nel senso purista del termine funk.
Funk come la naturale progressione del soul. Una progressione che ci ha seguito fino ai giorni nostri, basti pensare a un Mark Ronson con Bruno Mars, allo stesso Bruno Mars con Anderson.Paak, a una Dua Lipa prodotta da Mark Ronson e al funk che ha fondamentalmente soppiantato il rock come base fondamentale del pop contemporaneo.
Basti sentire Left & Right, con Method Man e Redman, che originariamente doveva contenere delle strofe di Q-Tip (e che, con la sua voce, avrebbe avuto sicuramente un effetto diverso).
Oppure ancora l’interpolazione di Sea Of Tranquillity dei Kool & the Gang in Send It On, scritta a sei mani con il fratello Luther Archer e l’allora compagna Angie Stone: un altro testamento della profondità dello scavo fatto per la realizzazione di Voodoo. Durante la realizzazione del disco, all’Electric Lady, c’era un continuo viavai di gente. La sala principale era di D’Angelo, che però era una persona notturna, quindi durante il giorno si alternavano artisti e musicisti che per anni hanno collaborato tra loro ai rispettivi progetti. Il gruppo si autonominò Soulquarians e ne facevano parte D’Angelo, Questlove, Erykah Badu, Bilal, Roy Hargrove, Talib Kweli, Mos Def, Pino Palladino, James Poyser, Q-Tip, J Dilla.
I dischi prodotti, grazie al movimento nato con la creazione di Voodoo, furono importantissimi per la scena e la cultura: Things Fall Apart dei Roots, Black on Both Sides di Mos Def, Amplified di Q-Tip, Mama’s Gun di Erykah Badu, 1st Born Second di Bilal, Like Water for Chocolate di Common. Era normale che i musicisti passassero da uno studio all’altro lavorando tutti insieme, soprattutto sul finire della residenza all’Eletric Lady, quando i Soulquarians erano all’apice della produttività. E non sorprende sapere che siano avvenuti scambi e baratti come nel caso di un brano di Like Water For Chocolate di Common, Geto Heaven Part Two, scritto con D’Angelo, data al rapper di Chicago in cambio di Chicken Grease.
Dalla testimonianza di Questlove, contenuta in un suo articolo apparso su OkayPlayer, sembra che D’Angelo avesse detto «non lascerò che Common se ne vada con questa canzone». «Mi ha chiamato tre volte quella mattina supplicandomi di chiedere a Com quella traccia. Com ha accettato e l’abbiamo chiamata Chicken Grease, da una frase che Prince usa quando vuole che il suo chitarrista suoni un accordo di nona minore mentre suona note da un sedicesimo» ha raccontato Questlove.
Così come il primo disco, Brown Sugar, che conteneva una versione di Crusin’ di Smokey Robinson, anche Voodoo finì per avere la sua rilettura, in questo caso Feel Like Making Love di Roberta Flack. Canzone che però venne inserita nella versione in cui è pubblicata perché all’ultimo sopraggiunsero dei problemi “burocratici”, giusto per definire la questione in maniera diplomatica. Sullo sfondo c’è Lauryn Hill, che nel suo disco epocale The Miseducation of Lauryn Hill, ospitò D’Angelo nel brano Nothing Even Matters, collaborazione che è diventata un classico nei matrimoni e in alcuni casi anche nelle messe religiose.
La collaborazione avrebbe dovuto avere un seguito con il duetto per Voodoo, quella Feels Like Making Love che però non arrivò mai. Troppi intermediari, secondo alcuni - sempre diplomatici - addetti ai lavori. Quella che resta è però la splendida reinterpretazione di un classico, che finì per arrivare a una generazione nuova e ignara di alcuni grandi artisti del passato. Resta anche un po’ di amaro in bocca, sapendo che questa splendida versione poteva essere impreziosita dall’altrettanto splendida voce di Mrs. Lauryn Hill.
Il Voodoo World Tour che seguì la pubblicazione del disco diede a D’Angelo la nomea di “R’n’B Jesus” per la sua energia, che qualcuno paragonò a quella di un predicatore da megachurch, cosa non tanto lontana dalla realtà, visto che, comunque, in chiesa ci era cresciuto. La sua personalità artistica è in parte James Brown (per la presenza scenica), in parte Marvin Gaye, in parte reminiscente della grandezza di George Clinton con i Funkadelic/Parliament, in parte di quella di Sly Stone.
Di tutti i brani di Voodoo, Untitled (How Does It Feel) è forse il più emblematico. Quello che portò D’Angelo sotto i riflettori del pubblico, ma che in seguito venne additato come il motivo per il suo lungo iato dalla scena musicale, durata discograficamente parlando quattordici anni dalla pubblicazione di questo album.
Nel documentario Devil’s Pie (2019) la situazione che il video di Untitled (How Does It feel) creò, finì per diventare, durante le esibizioni dal vivo, insostenibile per D’Angelo. Era diventato un sex symbol e per quanto l’attenzione potesse far piacere come uomo, le urla di donne che gli intimavano di strapparsi la maglietta finì per convincerlo che, come artista, tutta questa situazione stava portando l’attenzione lontano dalla musica. La cosa per lui più importante di tutte.
Untitled finisce di colpo, come un episodio dei Soprano, per il semplice motivo che in studio era finito il nastro. Raphael Saadiq, coautore del brano e bassista/chitarrista nella registrazione, ha raccontato che il nastro finì durante la sessione di registrazione e decisero di lasciarla così.
120 bobine da 2 pollici, per una lunghezza totale di, approssimativamente, 86 chilometri di musica: è ciò che Russell “The Dragon” Elevado stima essere il materiale registrato all’Electric Lady di New York. Materiale custodito con cura e che, nel corso degli anni successivi all’uscita di Voodoo, servì per saziare il desiderio di musica che l’ultimo brano del disco, Africa, aveva lasciato nel cuore di milioni di ascoltatori. Un brano che Questlove dovette quasi imporre a D’Angelo, ma che finì per essere la vera e propria ciliegina sulla torta, il carosello finale di una montagna russa musicale che nel corso degli ultimi venticinque anni ha influenzato e segnato la vita di innumerevoli persone, dal più lontano ascoltatore come il sottoscritto, ad artisti stratosferici come, per citarne una, Beyoncé.
Un disco che ha portato il soul nel terzo millennio e che continua ad accompagnarlo senza perdere lo smalto di un tempo, anzi, guadagnandone di più a ogni anniversario.
”Voodoo 25”
Soulovers 26.01.2025, 21:00
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