Speciali

The Police - Synchronicity

Sono passati 40 anni dall'uscita di uno degli album di maggiore successo degli anni '80 (e non solo)

  • 16.06.2023, 14:38
  • 14.09.2023, 09:02
Cover Synchronicity.jpg
  • A&M Records
Di: Sergio De Laurentiis 

Una regola d’oro del mondo dello spettacolo recita cosi: “Scendi dal palco un minuto prima che te lo chieda il pubblico”. Suona bene, sembra un concetto facilmente condivisibile e applicabile in tanti campi della vita. La pratica però pone qualche problema: quando scocca quel minuto e come facciamo a riconoscerlo? La storia insegna che molto spesso si rimane sul palco qualche minuto di troppo, e prima che tu te ne accorga è il pubblico ad abbandonare la platea.


Sting, Stewart Copeland e Andy Summers rappresentano una delle eccezioni. I Police escono di scena sul più bello, all’apice del successo e lo fanno con un disco e un tour epocali. Il 17 giugno del 1983 esce “Synchronicity” e poco dopo parte la tournée che li porterà in tre continenti e durerà quasi otto mesi.

La gestazione di “Synchronicity” non è stata semplice. Un particolare dà l’idea plastica delle difficoltà che affrontano i Police. I tre musicisti registrano praticamente tutto l’album in sale separate. In parte per questioni tecniche, ma soprattutto sociali: meglio tenere a distanza Sting e Stewart Copeland, perché non si sa mai in cosa possono sfociare i frequenti battibecchi tra i due. Entrambi sono notoriamente dei testoni, personalità forti che si scornano spesso. Il problema è che, parole di uno dei due, “nella band non vige la democrazia, c’è un leader che decide e quello sono io”. Nel caso non si fosse capito, quelle parole non escono dalla bocca di Stewart Copeland.


È Sting che scrive la maggior parte delle canzoni; è lui che sceglie il titolo, influenzato da “Le radici del caso” di Arthur Koestler in cui il filosofo e parapsicologo esplora ed espande il concetto di
sincronicità di Jung; è lui che decide come deve essere la copertina. È lui il dittatore. Ma si può pensare e dire tutto quello che si vuole del signor Gordon Sumner tranne che sia stupido. Sa perfettamente quanto siano bravi i compari e quanto sia essenziale il loro apporto. È per questo che l’esortazione usata più spesso durante la registrazione è “make it your own”, metteteci del vostro. E loro, nonostante l’atmosfera elettrica, non si tirano indietro. È così che nasce l’album più complesso e di maggior successo della band.


È un disco perfetto? Umile parere dello scribacchino, no. È un grande album? Sì. È potente e minimalista allo stesso tempo, pieno di idee, di tensione. È carico di nuvoloni minacciosi, così minacciosi da risultare irresistibilmente attraenti e affascinanti. Frullano tanti pensieri nelle teste dei tre, soprattutto di uno (sempre lui). Sono pensieri spesso scuri che rasentano la cupezza. Ma l’impatto complessivo è di straordinaria energia, con un sacco di diversità e soprattutto di canzoni notevoli, veri e propri classici come "Wrapped Around Your Finger", "King of Pain" e l’inevitabile “Every Breath You Take”.

“Every Breath You Take”, con le sue morbide reminiscenze Motown, è il classico caso di misundertanding, di fraintendimento. “Eccola, La Perfetta Canzone d’Amore”, gridano in coro critica e pubblico. “Col fischio”, risponde Sting: è una canzone sul bisogno ossessivo di controllare la persona amata, è una specie di manifesto paranoico. È l’ennesima dimostrazione del fatto che l’album nasce in un periodo della sua vita particolarmente complicato e tumultuoso, e che nella musica così come nella vita è sempre meglio scavare, andare oltre le apparenze, perché, per citare liberamente alcuni versi di “Synchronicity II”, sotto la superficie apparentemente placida del lago si muovono forze misteriose e inquietanti.

Il tour che segue l’uscita dell’album è trionfale. I tre sono una macchina da palco prodigiosa, ma ormai la strada è segnata. Sting ha deciso che il suo futuro non sarà più nei Police. E così, dopo sei anni di successi e di grande musica, “Synchronicity”, quinto ed ultimo album del trio, segna la fine di uno dei più importanti gruppi della storia del rock. È un’uscita di scena con i controfiocchi. Seguendo la regola d’oro, i Police scendono dal palco “un minuto prima che lo chieda il pubblico”.

(Umile parere dello scribacchino: su quel palco avrebbero potuto starci qualche minuto in più)

Correlati

Ti potrebbe interessare