Davide Van De Sfroos fa tappa al LAC (sabato 2 marzo) con il suo nuovo tour portando sul palco della Sala Teatro brani storici e le canzoni dell’ultimo album di inediti, Manoglia, già entrato in Top 10 nella classifica dei dischi e vinili più venduti in Italia.
In Manoglia (“magnolia” in dialetto laghée) vi si trova il folk tipico di Van De Sfroos, più morbido rispetto al solito grazie a nuove sonorità e strumenti acustici. Il disco entra nella vita del cantautore, nei suoi aspetti più personali e intimi accompagnati sia dal pianoforte sia da un banjo o da chitarre manouche, elettroacustiche o suonate con tecnica “slide”.
Ospite di “60 minuti”, Van De Sfroos parla di Manoglia come «di un disco che non dovevo per forza fare per esigenze discografiche». E ancora: «È stato bello, in un momento di apparente relax, capire che determinate canzoni, quelle più acustiche e quelle più intime, quelle più personali (alcune delle quali erroneamente ritenute private) hanno trovato la loro sede dentro a un disco che è piaciuto molto proprio per il tono intimo, acustico».
Showcase Rete Tre - Davide Van De Sfroos
RSI Cultura 30.10.2023, 20:00
In Manoglia si alternano le canzoni in italiano, in dialetto, senza complessi. Ci sono canzoni che hanno bisogno di una lingua, altre di un’altra lingua. Non c’è nessun obbligo. Racconta Van De Sfroos: «Quando ero bambino mi mettevo a cantare in lingue che non conoscevo immaginandomele, alcune delle quali ancora oggi frequento. Sono le lingue dell’anima, della fantasia, o della coscienza non ancora espressa. Mi sono innamorato dei nostri dialetti e delle nostre lingue di lago e valli della zona insubrica e volevo fortemente portarle alla luce. Questa cosa è andata oltre le mie aspettative. Se poi una canzone l’hai scritta completamente in italiano è perché vuoi parlare all’ascoltatore in quella determinata lingua. Altre volte, invece, per far capire cosa sta succedendo a livello embrionale e interiore, nel subconscio dialettale, senti il dovere di tornare a questo livello, cioè al livello del ragionamento interiore. Se devo dire cosa mi hanno detto gli anziani forse è meglio che te lo racconti con la loro lingua. Ci son delle sfumature che derivano dalla nostra antropologia e devi quindi avere il coraggio di tornare alle origini e non c’è vergogna nel dire che sto parlando in dialetto. Queste sono lingue antiche e fanno parte della nostra storia».
Geolier al festival di Sanremo ha cantato in dialetto napoletano. Van De Sfroos lo ha difeso dicendo che «senza i dialetti parleremo tutti come navigatori satellitari». Dice: «Il cantante dei The Kolors mi ha tirato in ballo raccontando che quando arrivò Van De Sfroos a Sanremo e cantò in dialetto non è successo tutto questo casino. Anzi, sottolineo io, fui fortemente chiamato proprio per questa mia particolarità. Gianni Morandi volle un festival diverso. Da qualche anno era stato sdoganato il dialetto a Sanremo mentre originariamente era permesso solo quello napoletano per via delle canzoni importanti tipo ’O sole mio’ etc… La lingua napoletana ci ha portato in giro per tutto il mondo proprio per la sua forza. La lingua napoletana è sempre stata presente nella canzone italiana. Dal momento in cui il festival ha dato il via libera ai dialetti, non vedo come possa diventare una polemica il dialetto napoletano, l’unico che non era nemmeno proibito prima. Ho poi analizzato la canzone di Geolier, non mi è per niente dispiaciuta, ho letto il testo e non è un testo banale. È un testo giovane, di un giovane, che mi sembra già essere una star nel suo ambiente. E mi ha fatto piacere capire che ci sono queste aperture anche in un festival nazional-popolare come è il festival di Sanremo».
Davide Van De Sfroos canta Bob Marley - Redemption Song
RSI Cultura 07.12.2021, 12:27
Van De Sfroos ha avuto un successo globale. Pesa questo successo? Risponde: «Questo viaggio mi ha dato molto di più di quanto immaginai all’inizio della navigazione. Ci sono stati momenti incredibili nei quali fu facile toccare il cielo con un dito. Poi ci sono stati anche momenti pesanti, drammatici, di dubbio, dove non sai come andrà a finire… Poi arriva qualcosa, e arriva dal pubblico, che ti fa capire che ci sono persone che hanno bisogno ancora, anche se non è più di moda, di queste canzoni legate alla dinamica folk, popolare. E il raccontare delle cose che hanno a che fare con la natura, con la nostra cultura, con la tradizione… il continuare una ribellione nei confronti del tempo che cambia e che non sempre cambia positivamente mi fa sentire al mio posto. Quando non mi sentirò più al mio posto non avrò problemi a mettermi da parte».